Un giro nella Miroglio occupata

La crisi di un’azienda, l’impoverimento del territorio, la paura per il futuro. Duecento operai occupano la fabbrica di Miroglio a Ginosa, duecento operai lottano per il domani. Ecco i video (girati male, pardon) e i loro racconti, il loro lavoro che non c’è più e le pratiche disoneste di chi fa l’imprenditore.

Se siete interessati alla storia di Miroglio, vi segnalo questo bell’articolo di Massimo D’Onofrio pubblicato sul Corriere del Giorno

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Consigli per gli acquisti natalizi dagli operai della Miroglio di Ginosa

Nonostante la crisi, la cassa integrazione, il pericolo della mobilità, la latitanza di Intini, le promesse dei politici, l’occupazione della fabbrica e l’intervento del Prefetto, i miroglini pensano già al Natale e dispensano preziosi consigli per gli acquisti. Boicottare i marchi che si dicono di qualità ma invece preferiscono la manodopera a basso costo dei paesi emergenti, fregandosene altamente dei diritti civili e delle ricadute sul territorio delle loro scelte, potrebbe essere una buona forma di lotta.

I consigli per gli acquisti dei miroglini

Le scarpe di Tricase

La lunga crisi della Adelchi, stabilimento di eccellenza nella produzione di scarpe. Esternalizzazioni e licenziamenti hanno soffocato la fabbrica. I lavoratori, però, ora non accettano di rimanere a casa e fondano una cooperativa. Per continuare a produrre

(Pubblicato su Carta n 42 del 27/11/2009)

La fabbrica Adelchi

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Il senso di legalità inizia da un divieto di sosta

All’iniziativa dell’Idv provinciale parlano Orlando e Scialpi. Ma c’è un ma…

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Convegno sulla legalità

Dell’iniziativa di stamattina dell’Italia dei Valori della Provincia di Taranto, che aveva per tema la legalità, la giustizia e la contraddizione nelle leggi, potremmo dare diverse letture. La prima, entusiastica, vede una platea piena di gente, ragazzi, famiglie e anziani che ascoltavano attenti le parole sagge dell’esperienza di un buon amministratore come Leoluca Orlando, la seconda invece è, forse, il senso reale delle cose si perde un po’ nei grandi paroloni e rischia di non concretizzarsi mai, perchè tanto non tocca a me.

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Martina Franca: per la consulta l’assessore chiede aiuto ai clan

A Martina il Clan della Stretta è all’opera per la formazione della consulta giovanile

A Martina Franca un assessore comunale si è rivolto ad un clan attivo nella zona per portare avanti un’operazione politica di non poco impatto sociale: la creazione di un organo di proposizione e controllo dell’operato dell’amministrazione comunale. L’idea, pare, rimbalzasse nella mente di Mario Caroli già da qualche tempo, ma per realizzarla è servito aspettare l’adesione di uno dei tre clan martinesi che, già dall’anno scorso, si è occupato di politica e di cittadinanza attiva. Non è una stranezza che un clan si interessi di cosa pubblica, è noto, ma questa volta l’esperienza maturata in anni di scoutismo, all’insegna dell’impegno civile e sociale, può essere tradotta praticamente con la formazione di una struttura istituzionale aperta a tutti i ragazzi dai 15 ai trent’anni di Martina Franca, che hanno voglia di partecipare. Ma perché un’idea del genere, presente in tantissimi comuni italiani tra cui, uno vicinissimo a noi, a Putignano, possa funzionare, è necessario che l’azione parta dal basso, dai ragazzi appunto, anche se sponsorizzati da un amministratore. E il Clan della Stretta, del gruppo scout Martina Franca 3, in seguito ad un lavoro durato un anno sulla cittadinanza attiva, ha deciso di concretizzare il proprio impegno nella vita politica martinese, raccogliendo la sfida della creazione della Consulta Giovanile. E affinché non appaia strano che un’associazione come gli scout si occupi di politica è bene sottolineare che, in questo caso, non si tratta di beghe partitiche ma di partecipazione attiva alla vita della comunità, a cui tutti, in qualche modo, sono chiamati. E di cui tanti sentono la mancanza, sia perché il sistema attuale rende più difficile l’impegno concreto slegato da questioni elettorali, sia perché l’impegno politico è ormai delegittimato da chi lo mette in pratica, paradossalmente, badando spesso palesemente ai propri affari e poco alla res publica. Da questo la convinzione da parte dei cittadini che impegnarsi è inutile, della serie: «Tanto a che serve?».

I ragazzi degli scout però la pensano diversamente: la loro attività si basa sul servizio e la politica è la forma più alta di servizio. Così, spinti da Caroli, venerdì scorso hanno fatto la prima riunione organizzativa, con le realtà a loro più vicine, gli altri gruppi scout martinesi, l’associazione Partiti a Parte (che comunque è un’altra bella esperienza partita dagli scout) e un paio di rappresentanti della Consulta Vicariale, oltre naturalmente all’assessore. Assente giustificato l’Arci, impegnato quel giorno, ma che ha fornito ai ragazzi un censimento delle associazioni fatto a suo tempo dal Comune, ma che promette di essere sempre presente dalla prossima volta. L’elenco però, a quanto ci racconta uno dei capiclan, non è completo e non fornisce recapiti concreti. Un modo come un altro per sottolineare quello che si sa già, ovvero la mancanza di apertura dell’amministrazione nei confronti della partecipazione dei cittadini, che a lungo andare ha fatto assumere a Palazzo Ducale le sembianze di casa Addams, con i suoi misteri e i suoi segreti.

Per rompere il circolo vizioso cittadini poco attenti – politici inadempienti, Caroli spera che la Consulta venga fatta in tempi ragionevoli dato che, secondo lui, è il momento di avvicinare i giovani alla politica dando loro la possibilità di esprimersi in spazi istituzionalizzati, non solo in occasioni estemporanee. Ma non solo, dato che la Consulta Giovanile, come è concepita negli altri comuni, diventa un organo di controllo dell’operato del Consiglio comunale maggiore, poichè la voce di qualche decina di ragazzi vale sicuramente di più di un comunicato stampa dell’assessore di turno. «I giovani devono essere il soggetto della politica e non più l’oggetto» ci dice Caroli «e per questo c’è bisogno che le scuole, i partiti, le associazioni e tutte le organizzazioni si rendano conto della portata di questa possibilità».

I ragazzi del Clan della Stretta, che ci tengono a precisare che la Consulta non è un’iniziativa esclusivamente scoutistica e di cui faranno parte nella stessa misura di tutti gli altri soggetti, stanno organizzando un secondo, più importante incontro. Nel frattempo però, per aderire  senza aspettare di essere invitato, basta mandare una mail all’Assessorato alle Politiche Giovanili: asspol.giovanili@libero.it

È peggio essere Rom, omosessuali o disabili?

Presentata a Reggio Emilia una ricerca svolta tra gli adolescenti pugliesi. Tutt’altro che confortanti i risultati.

Un gruppo di antropologi, pedagoghi, formatori, studiosi del linguaggio e della comunicazione, tra cui il martinese Alberto Fornasari, hanno per un anno indagato un campione di adolescenti italiani, approfondendo le paure e le aspettative di una fetta di popolazione italiana che, secondo i dati dell’Eurobarometro, è quella che più si sente esclusa dalla società. Il venti per cento, dicono i dati, che sono simili a quelli della Bulgaria. Il campione della ricerca, scelto in base ai dati della presenza di migranti e agli indici di integrazione del V Rapporto CNEL ha compreso anche le quarte classi di quattro scuole pugliesi, due licei e due istituti professionali, a Bari e a Lecce.

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“Il sazio non conosce la fame”

A Grottaglie la festa per la fine del Ramadam occasione di incontro e integrazione.

GROTTAGLIE – Hiba sorride orgogliosa mentre posa il piatto sulla tavola apparecchiata. Il tutbia, il riso con mandorle tostate, uva passa e carne non solo ha un buon sapore, ma è bella anche la presentazione: sembra una montagna caramellata di pinoli. Tra i tavoli pieni di gente nella piazzetta davanti al centro Passi di Donna di Grottagle, il riso di Hiba sta spopolando: c’è un andirivieni fitto di persone che fanno la spola tra la tavola e la propria sedia.

Un momento della festa

Un momento della festa

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Riforma Gelmini: 250 posti in meno solo in provincia di Taranto

Un giro nelle scuole di Martina Franca conferma il momento di affanno della scuola pubblica

Questi signori hanno dato 500 milioni di euro all’Alitalia e li hanno tolti dalla scuola!”. Esordisce così un segretario di una scuola di Martina Franca quando poniamo la domanda sulla variazione di organico dovuta alla riforma Gelmini – Tremonti, una riforma che in tutta Italia sta scatenando un putiferio di proteste da parte dei precari, sia insegnanti che personale tecnico e amministrativo. La riforma, che prevede un periodo di attuazione di tre anni, ha come obiettivo la razionalizzazione dei costi, troppo elevati secondo il governo, della scuola pubblica che viene definita dalla maggioranza al potere come “un grande ammortizzatore sociale”. Un ammortizzatore senza ammortizzatori, come ci fanno sapere nelle scuole e come conferma Anna Santoro della CGIL-Scuola di Taranto: «Rispetto agli altri lavoratori, come dell’industria, che possono usufruire di cassa integrazione ordinaria e straordinaria e via dicendo, i lavoratori della scuola non risultano licenziati, perché accedono ai posti di lavoro tramite graduatorie. Fortunatamente la Regione Puglia ha stanziato 22 milioni di euro per sopperire a questa situazione, come integrazione di un salario più basso, tentando di mantenere lo stesso ruolo, nell’ottica di preservare la dignità del lavoratore».  Il totale dei posti persi in Italia è di 42 mila, tra docenti e personale ATA, a Taranto in particolare sono 250, secondo i dati della CGIL: «A questi bisogna aggiungere coloro che andranno ad occupare i posti di chi sta più giù nelle graduatorie, ma non abbiamo dati concreti per adesso, considerando soprattutto che la riforma è triennale: quest’anno è intervenuta sulla scuola elementare e media, ma l’anno venturo ci saranno altri tagli» continua la Santoro.

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Il sindacato sta in campagna

Il fenomeno della raccolta del pomodoro e la campagna Oro Rosso della Flai – Cgil

(le foto sono disponibili qui)

La  Flai – Cgil batte la campagna foggiana palmo a palmo. La campagna “Oro Rosso” è ormai al nono giorno e con i paesaggi del Tavoliere ormai c’è una certa confidenza: le strade si intersecano ad angolo retto e, a parte il Gargano di paesini e santuari, i paesaggi sono piatti fino all’orizzonte, una distesa di campi e latifondi e lavoratori piegati. La delegazione sindacale è numerosa, per questo è divisa in due gruppi. La nostra colonna è guidata dal capolega Flai di San Severo e da alcuni militanti della stessa città: l’Opel si muove nelle strade di campagna zigzagando per evitare le buche e dal finestrino sventola orgogliosa la bandiera rossa della categoria. La prima sosta è ad una fermata autobus dove almeno quaranta ragazzi africani aspettano il passaggio per andare a Foggia a cercare lavoro. Siamo in aperta campagna, tra il capoluogo e San Severo. I ragazzi si sorprendono un po’ nel vedere una ventina di persone scendere dalle auto e avvicinarsi sicuri verso di loro, si guardano perplessi e impauriti. Ma si iniziano a distribuire cappellini per proteggersi dal sole, volantini in tutte le lingue dove si spiega quanto dovrebbero guadagnare al giorno secondo il contratto nazionale, quali sono i loro diritti, cos’è la Cgil. E non si dà nulla per scontato. Molti di loro vengono direttamente dai campi di identificazione ed espulsione, da Lampedusa. Catapultati nell’Italia estiva, afosa e repressiva, con i loro compagni si sono uniti alle decine di migliaia che lavorano ai pomodori. Un ragazzo parla francese e inglese, niente italiano. E si lamenta, ci dice, di non aver incontrato nessun italiano con cui poter comunicare in quelle lingue. Ci parla a lungo, si lamenta della paga, delle condizioni.

Arriva il pullman che li porterà a Foggia, senza dire una parola salgono, sollevati che la promiscuità col sindacato più grande d’Italia, e più fastidioso, per i padroni, sia finita.

In macchina, con Daniele Calamita, segretario Flai di Foggia, Lello Saracino, Tesfai Zemariam e Vito Di Bari, si discute naturalmente del caporalato, dell’iniziativa della Flai che quest’anno è alla terza edizione e che ha avuto l’appoggio della categoria e della Cgil regionale e nazionale. «Il problema è che la legge regionale sul lavoro nero non viene applicata» ci dice Lello Saracino della Cgil di Foggia «se lo fosse, il problema in gran parte si risolverebbe. È una legge che introduce l’indice di congruità, un concetto semplice ma molto efficace, soprattutto per l’edilizia e per l’agricoltura. Si fa una stima del tempo e del luogo dove si deve svolgere il lavoro e poi si quantifica il minimo di addetti necessari. Se ad esempio si devono raccogliere cento ettari di pomodori in dieci giorni, è chiaro che non posso assumere solo tre persone. Le associazioni datoriali, come Cia e Coldiretti si sono messi di traverso e la legge non viene applicata».

Nel frattempo autoarticolati carichi di cassoni vuoti ci superano, siamo nel pieno della raccolta dei pomodori e si vede.

La carovana si ferma in una grande casa bianca, mezza sembra un ufficio e mezza un’abitazione. Si vedono alcune persone in procinto di andarsene, nello spiazzo davanti un grosso camion pieno di cassoni vuoti. I delegati si avvicinano, chiacchierano e distribuiscono volantini e cappellini. Il padrone, italiano, pare abbastanza cordiale, ci racconta cosa fa e quali sono i suoi problemi. Il punto della questione è chi davvero si arricchisce dall’agricoltura, da dove viene il rincaro che permette ad un chilo di pomodori di passare da dieci centesimi per il produttore all’euro del consumatore. Poi si parla del lavoro degli immigrati e delle loro condizioni. L’italiano ci racconta che ospita i rumeni che lavorano per lui nei campi. Ma ha problemi, ci dice, la legge non lo aiuta: non capisce perché non può portare otto persone nella macchina. Dietro di lui infatti si sta consumando il grottesco spettacolo di otto persone che si ficcano in una vecchia station wagon bianca della Fiat a cui sono stati tolti i sedili posteriori. Otto persone schiacciate nel caldo dell’agosto pugliese, in un’auto che finge di essere un furgone. Tesfai Zemariam, il responsabile regionale per immigrazione della Cgil, interviene proponendo la ragionevole soluzione di fare più viaggi, invece che uno solo. La discussione degenera, perché si tirano in ballo le regolarità dei loro contratti lavorativi e le condizioni in cui lavorano. L’italiano allora decide che è arrivato il momento di mandarci a quel paese, ma in testa gli rimane il cappellino rosso della Flai “stesso sangue stessi diritti”.

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Secondo Felice di Lernia, presidente della Coop Sociale “Comunità Oasi2 San Francesco” di Trani, che da anni è sulle strade della provincia foggiana per conto della Regione Puglia nell’ambito del progetto “Le città invisibili”, le presenze quest’anno sembrano raddoppiate. «Il motivo principale è la crisi economica. Le fabbriche del nord che chiudono costringono migliaia di persone a scendere in Puglia d’estate a lavorare nelle campagne, ma il lavoro diventa sempre di meno anche qui in Puglia, a causa dell’avvento delle macchine. Le persone che contattiamo ci dicono che il momento migliore per lavorare è quando piove, perché il fango impedisce alle macchine di muoversi».

Intanto ci fermiamo in contrada Cicerone, vicino ad una chiesetta sconsacrata, ultima costruzione di una fila di case dell’Opera Nazionale Combattenti, uno strumento un tentativo fascista di urbanizzare le campagne. Ci sono un gruppo di ragazzi che oggi non lavorano. Invitano la delegazione sindacale a fare un giro. Dormono, alcuni in tenda, altri all’aperto e dal numero di indumenti appesi nel grosso stanzone che fa da tetto comune, le persone che incontriamo non devono essere che la minima parte di tutte quelle abitano lì. Su una panchina c’è una scacchiera e dei tappi di bottiglia rosa e rossi che fanno da pedine. Fuori, verso la strada, ci sono alcuni bagni chimici messi dal comune e tre enormi botti per l’acqua potabile. Vuote. Come lo è la chiesa, alta grande e fresca, ma che per rispetto, ci dicono, non viene utilizzata. Poco più avanti un imprenditore italiano chiacchiera dalla sua BMW con un ragazzo africano. Alle sue spalle una casa dell’ONC affollata di persone che anche oggi non hanno lavorato. Alla vista della Cgil, l’imprenditore inizia a ripetere la solita cantilena: crisi, agricoltura, costo all’ingrosso, costi al dettaglio, le paghe basse sono necessità. Massimo sei euro a cassone, da tre quintali, da cui si detraggono le spese per lo spostamento dovute al caporale.

Una storia che è diventata quasi parte integrante della narrazione pugliese, il mare del Salento, i trulli della Valle d’Itria e la raccolta dei pomodori a Foggia. Un fenomeno che secondo alcuni operatori sociali andrebbe analizzato anche al di là delle categorie con cui si è soliti riflettere del problema. La raccolta dei pomodori, vetrina di un fenomeno che dura tutto l’anno e in diverse località d’Italia, è il simbolo dello sfruttamento ma racchiude un mondo che probabilmente si evolve secondo altre metriche da quelle classiche. Un fenomeno che da qualche anno ha stimolato positivamente tutti i soggetti tenuti ad occuparsi della questione, enti locali, privato sociale e forze sindacali, ma che nonostante gli sforzi rimane abnorme. Forse la sinergia tra i soggetti operanti sul territorio andrebbe implementata, favorendo il passaggio di buone prassi e di contenuti, e lo scambio di esperienze. Che rimane comunque sentito da tutta la Cgil: basti pensare che all’operazione Oro Rosso partecipavano delegati da 18 regioni, da Bolzano alla Sardegna. Una delegazione che in dieci giorni ha percorso 8000 km, ha contattato quasi 5000 persone e visitato 150 aziende agricole.


La risposta della sovrintendenza e il comunicato originale della General Trade

Aggiornamento del caso PDCI – Cassano – Padre Pio (non necessariamente in quest’ordine)

La sovrintendenza dei Beni Culturali della Provincia di Taranto, attraverso l’archittetto Resta, sostiene che da parte loro non c’è stato nessun pronunciamento per la nuova statua perchè hanno chiesto al Comune il relativo progetto che ancora non è arrivato. Nel frattempo il Comune ha deciso di piazzare il Santo con tutto quello che poi è successo…

Grazie all’amico Ottavio Cristofaro, possiamo pubblicare interamente il comunicato stampa prodotto dagli operai della General Trade in solidarietà alla famiglia Cassano.

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