Un giro nelle scuole di Martina Franca conferma il momento di affanno della scuola pubblica
“Questi signori hanno dato 500 milioni di euro all’Alitalia e li hanno tolti dalla scuola!”. Esordisce così un segretario di una scuola di Martina Franca quando poniamo la domanda sulla variazione di organico dovuta alla riforma Gelmini – Tremonti, una riforma che in tutta Italia sta scatenando un putiferio di proteste da parte dei precari, sia insegnanti che personale tecnico e amministrativo. La riforma, che prevede un periodo di attuazione di tre anni, ha come obiettivo la razionalizzazione dei costi, troppo elevati secondo il governo, della scuola pubblica che viene definita dalla maggioranza al potere come “un grande ammortizzatore sociale”. Un ammortizzatore senza ammortizzatori, come ci fanno sapere nelle scuole e come conferma Anna Santoro della CGIL-Scuola di Taranto: «Rispetto agli altri lavoratori, come dell’industria, che possono usufruire di cassa integrazione ordinaria e straordinaria e via dicendo, i lavoratori della scuola non risultano licenziati, perché accedono ai posti di lavoro tramite graduatorie. Fortunatamente la Regione Puglia ha stanziato 22 milioni di euro per sopperire a questa situazione, come integrazione di un salario più basso, tentando di mantenere lo stesso ruolo, nell’ottica di preservare la dignità del lavoratore». Il totale dei posti persi in Italia è di 42 mila, tra docenti e personale ATA, a Taranto in particolare sono 250, secondo i dati della CGIL: «A questi bisogna aggiungere coloro che andranno ad occupare i posti di chi sta più giù nelle graduatorie, ma non abbiamo dati concreti per adesso, considerando soprattutto che la riforma è triennale: quest’anno è intervenuta sulla scuola elementare e media, ma l’anno venturo ci saranno altri tagli» continua la Santoro.
Noi abbiamo fatto un giro per le scuole di Martina, per renderci conto della reale situazione sul territorio. Gli istituti superiori non hanno ancora completamente approntato gli organici per i docenti, ma per il personale tecnico e amministrativo i dati sono certi. Il quadro che ne emerge è che in media ogni istituto perde almeno un lavoratore. Alla scuola elementare Marconi, c’è un collaboratore scolastico in meno e cinque pensionamenti che non sono stati reintegrati, colpa del maestro prevalente; alla scuola Chiarelli manca un assistente amministrativo e un collaboratore. Per le scuole medie invece, all’Aosta ci sono due collaboratori in meno e alla Battaglini invece ne mancano tre. E proprio la scuola media viene colpita di più, come conferma il vicepreside Cito della Battaglini, perché sono state diminuite le ore di italiano e di educazione tecnica. Per l’italiano si passa da 12 a 9 e la scuola (sempre la Battaglini) perde tre insegnanti di italiano. Da undici si passa a sette, uno su tre in pratica. E la situazione è comune in tutto il Paese. Ci dice un professore di italiano: «La materia che subisce le maggiori conseguenze è la geografia, da sempre una cenerentola, perché le ore di storia e geografia passano da quattro a tre».
Continuando con il giro delle scuole martinesi, il Motolese perde un collaboratore, un tecnico e un amministrativo, così come il Tito Livio; il Majorana a questi aggiunge un collaboratore. L’unica scuola in controtendenza è il Leonardo da Vinci che perde un amministrativo e guadagna un collaboratore. Questo avviene perché il metodo di calcolo del personale è cambiato: non contano più le classi ma il numero degli alunni.
All’IPSIA Archimede, che ha sede a Taranto ma una succursale a Martina Franca, incontriamo il direttore della sede associata, Anania Chiarelli, consigliere comunale per il Gruppo di Centro. «La scuola è stata vittima di un susseguirsi di ministri che iniziavano riforme e non le finivano» ci dice il consigliere «La riforma Gelmini ha dei punti positivi e negativi: punta molto sulla qualità dell’insegnamento ma contemporaneamente appronta dei tagli economici difficili da sopportare, a cui si cerca di far fronte aumentando le tasse d’istituto. Per una scuola professionale come l’Archimede, i laboratori sono fondamentali, ma servono soldi per portarli avanti. Poi ci sono le carenze strutturali che non possono coincidere con una migliore qualità dell’insegnamento. Facciamo un esempio: finora gli standard scolastici prevedevano un tot di alunni per classe, e si facevano le aule per contenere questo numero. Ora il numero massimo è aumentato e alcune non sono in grado di contenere gli studenti». Di tasse scolastiche si parla anche al Motolese, una scuola che, a detta del vicepreside, si è sempre distinta per la bassa tassazione e una buona offerta formativa. Il consiglio di istituto quest’anno ha deliberato però che ci saranno degli aumenti di cinque euro in più per i primi tre anni e di venti euro per gli ultimi due, per far fronte alla diminuzione dei fondi ministeriali. Il contributo economico per il viaggio di istruzione del quinto anno all’estero, inoltre, rischia di non essere erogato.
La scuola che incontriamo è una scuola in affanno, che da una parte vede dirigenti ligi agli ordini, che parlano di “razionalizzazione” e di “nessun cambiamento” e dall’altra collaboratori scolastici e addetti di segreteria che raccontano di colleghi rimasti a casa. Perché, e questo è il punto cruciale, la razionalizzazione dei costi, si traduce poi nelle vite di ognuno come disoccupazione e povertà. Ma i precari della scuola non ci stanno e stanno dando battaglia: in Puglia l’appuntamento è per oggi davanti all’ingresso orientale della Fiera del Levante, in occasione dell’inaugurazione della Fiera da parte del Presidente del Consiglio Berlusconi.
finalmente si cominciano a tagliare costi improduttivi
è triste essere felici sulle disgrazie altrui…
la mobilitazione dovrebbe riguardare tutte le scuole italiane.dirigenti dove siete?
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