Le parole e i fucili #PorteOuverte

Benjamin diceva che i soldati tornati dalla Prima Guerra Mondiale non riuscivano a raccontare cosa era la guerra perchè mancavano proprio le categorie mentali per accettare una carneficina di massa, industriale, come è stato il conflitto 15-18. Quello che è accaduto ieri sera a Parigi è un evento similie, non-raccontabile, che colpisce tutti noi nel profondo, minando la sicurezza di un venerdì sera in pizzeria o a vedere una partita o un concerto. 120 vittime, finora, persone che prima sorridevano e ora non sono più. Eppure, davanti all’irrazionalità di quanto accaduto, ognuno nutre le proprie convinzioni, chi accusa i musulmani, chi gli americani, chi i terroristi, chi gli imperialisti, come se la Storia fosse una partita a Call of Duty, dove ci sono i buoni e i cattivi, dove tutto avviene su un piano lineare sul quale ci sono i “noi” e i “loro”. Mi sento addolorato, mi sento ferito, mi sento impaurito, e faccio di tutto perchè queste mie paure non alimentino l’odio, non alimentino la follia, l’irrazionalità. Resto umano, fragile davanti ad una pallottola, terrorizzato dall’imprevedibilità del male, indignato dalla reazione dei miei simili, che usano parole per oliare altri fucili.

Durante i momenti di panico, i parigini hanno aperto le loro case a chi cercava un riparo, a chi non sapeva dove andare, in quei momenti sono stati umani. Perchè non si può continuare ad esserlo?

#PorteOuverte

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