La crisi non la conosciamo

La crisi davvero non l’ho mai vissuta, e nessuno della mia generazione può dire altrimenti. Per noi è sempre stato così, ogni anno che passava la situazione peggiorava fin da quando si andava a scuola. Chi ha avuto fortuna si è sistemato fin da subito, chi non ha avuto voglia di lottare, è andato via, chi apparteneva a qualcuno ha fatto quello che doveva fare e ora fa finta di nulla. Per strada sono rimasti in tanti, in milioni, con un lavoro precario e con un futuro nebbioso, in costante bilico tra accettare quel poco che si riesce a raccogliere e la voglia di fare ancora meglio, ancora di più. Il precariato non è un lavoro che dura due anni e poi ne trovi un altro, il precariato è che prima di spendere 10 euro ci devi pensare perchè magari tra una settimana non potrai fare gasolio. Qui al Sud siamo fortunati, le nostre famiglie condividono quel poco che hanno messo da parte quando potevano fare le formichine, prima dell’inverno, prima dell’arrivo delle vacche magre. Ma il punto è che quando si chiedono maggiori diritti lo si fa a scapito dei privilegi, non per garantire i fannulloni o chi ruba lo stipendio. Anzi proprio loro ci hanno condannato a questa agonia esistenziale, chi ha perso tempo, chi per trent’anni ha vissuto sulle spalle di altri, chi ora prova a farci lezione di etica e di politica.

Le parole e i fucili #PorteOuverte

Benjamin diceva che i soldati tornati dalla Prima Guerra Mondiale non riuscivano a raccontare cosa era la guerra perchè mancavano proprio le categorie mentali per accettare una carneficina di massa, industriale, come è stato il conflitto 15-18. Quello che è accaduto ieri sera a Parigi è un evento similie, non-raccontabile, che colpisce tutti noi nel profondo, minando la sicurezza di un venerdì sera in pizzeria o a vedere una partita o un concerto. 120 vittime, finora, persone che prima sorridevano e ora non sono più. Eppure, davanti all’irrazionalità di quanto accaduto, ognuno nutre le proprie convinzioni, chi accusa i musulmani, chi gli americani, chi i terroristi, chi gli imperialisti, come se la Storia fosse una partita a Call of Duty, dove ci sono i buoni e i cattivi, dove tutto avviene su un piano lineare sul quale ci sono i “noi” e i “loro”. Mi sento addolorato, mi sento ferito, mi sento impaurito, e faccio di tutto perchè queste mie paure non alimentino l’odio, non alimentino la follia, l’irrazionalità. Resto umano, fragile davanti ad una pallottola, terrorizzato dall’imprevedibilità del male, indignato dalla reazione dei miei simili, che usano parole per oliare altri fucili.

Durante i momenti di panico, i parigini hanno aperto le loro case a chi cercava un riparo, a chi non sapeva dove andare, in quei momenti sono stati umani. Perchè non si può continuare ad esserlo?

#PorteOuverte

Un inchino a Gaza

Un inchino a Gaza, ai morti, alla storia della Palestina, alla terra santificata da millenni di sangue. In un Paese in cui le madonne si inchinano ai boss mafiosi, è bello pensare che ci sono posti in cui Cristo Spirante, portato in processione da secoli, possa inchinarsi davanti alla bandiera della Palestina, che è un po’ la sua bandiera.

Ovviamente non è successo, anche se questa foto è vera ed è stata scattata a Martina Franca.

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