Il caso delle molestie sessuali avvenute per strada a Colonia, durante la notte di Capodanno, ci permette di scrivere un paio di cose in merito al racconto del presunto scontro di civilità in atto in questi anni in Europa e in Italia.
Partiamo dal contesto: la Germania è uno degli stati con la più alta presenza di migranti, le cui comunità ormai sono diventate storiche e parlare di immigrati è ormai una forzatura. Negli ultimi anni, comunque, la pressione migratoria da parte di persone dall’Africa o dall’Asia si è fatta più evidente, sia per la copertura mediatica, sia perchè è un fenomeno spesso strumentalizzato (da tutti i punti di vista) per le questioni di politica interna. Il racconto delle migrazioni lungi dall’essere approfondito e discusso in maniera critica e scientifica, si affida spesso a capiultrà che dall’una o dall’altra parte urlano slogan per eccitare i propri tifosi. Solitamente quando un tg dà la notizia di un nuovo sbarco, a corollario c’è il commento del leghista o dell’esponente di Governo di turno, che trattano la questione come si dovesse trattare una partita di mobili usati che non si sa dove mettere. Il racconto, quindi, di un evento storico di una certa rilevanza, viene narrato solo attraverso la lente e gli strumenti della cronaca e della politica interna. La dimensione sociale e culturale è sempre sullo sfondo, sbiadita, per poi riemergere di forza quando un migrante, o un rifugiato (ormai sembrano parole sinonime ma non lo sono) si macchiano di qualche delitto. Se poi il delitto è composto in gruppo, come è accaduto a Colonia, la generalizzazione non solo è facile, ma è anche necessaria, diventa fondamento di un punto di vista secondo il quale i musulmani (perchè i migranti sono tutti musulmani) non possono convivere con gli europei, perchè hanno altri valori, altri simboli, altri modelli di vita.
Assistiamo quindi ad associazioni metonimiche che fanno rabbrividire: tutti i migranti o le persone di origine straniera sono musulmani. Il tema, appunto, è lo scontro tra cristiani e l’Islam, un problema che è vecchio di 1500 anni ma che ora più che mai viene trattato solo con gli argomenti della cronaca, appunto. Come se un chirurgo volesse fare un intervento al cuore con gli strumenti del barbiere.
Ad un certo punto del dibattito, in particolare quello televisivo, qualcuno ha detto, non ricordo chi, che se “vogliono vivere da noi, devono trattare le donne così come lo facciamo noi”. A me è venuto in mente il processo Tarantini, le ragazze usate come merce di scambio, gli scandali all’università, le violenze domestiche. La questione di genere è trattata, per esigenze mediatiche e legate all’acquisizione del consenso, nella maniera più semplice possibile, limitandosi, di solito, a qualche flash mob in piazza in occasione della giornata contro la violenza sulle donne, oppure ai comitati per le quote rosa, che non sono altro che il modo più furbetto per non trattare la questione delle differenze di genere.
Tornando a Colonia, invece, quello che sta accadendo nel racconto mediatico italiano della vicenda, è una generalizzazione parossistica che alimenta timori e punti di vista già radicati, esasperando l’odio attraverso la grandezza dell’evento. Se a Colonia centinaia di donne sono state molestate (si dovrà attendere un’indagine approfondita della polizia tedesca per appurare quanto successo) da individui di origine straniera, allora tutti gli stranieri (che sono tutti musulmani, ricordiamo) sono potenziali molestatori. Detto questo, secondo questo principio, allora possiamo dire lo stesso dei vigili urbani di Roma, e quindi italiani. Il 17 dicembre 2015 Repubblica pubblica il video di un ragazza “approcciata” da cittadini in divisa.
Se a questo aggiungiamo, per corroborare la nostra tesi che tutti i vigili urbani di Roma sono molestatori, la notizia del maresciallo che faceva avances pesanti nei confronti di una collega, allora è scientificamente provato che i vigili urbani sono pericolosi per le donne.