Quali sono i giornali più diffusi in provincia di Taranto (e in Italia)

Lunedì prossimo il Corriere del Giorno sospende la pubblicazione dell’edizione cartacea, rimanendo online. Lo conferma Gianni Svaldi, che in questi mesi di incertezze ha lavorato per traghettare il quotidiano tarantino, fondato nel 1947, fuori dalla crisi.

La vicenda del Corriere del Giorno, al netto di come sia stata gestita la cooperativa di giornalisti, o di quanto costi sostenere un’impresa (nel senso proprio di attività imprenditoriale) in un mondo in cui la comunicazione non è più appannaggio di strutture organizzate, ma è passata nelle mani di tutti (quasi), ci permette di fare una riflessione sul mondo dell’informazione in genere, vista da dentro, considerando che sono due anni abbondanti che Martina News è online e alcune cose mi sono diventate chiare, altre invece si sono complicate.

Innanzitutto passare al digitale non è così facile come dirlo. Primo perchè prima di farlo, sarebbe meglio pensare a che tipo di digitale parliamo, considerando che la maggiorparte dei siti allnews sono un copia e incolla sul web di quello che si scrive sulla carta. Secondo perchè andando online la prima cosa che si perde è la pubblicità.
Questo accade, secondo me, per due motivi:
  1. Non esistono concessionarie di pubblicità specializzate per i siti di news locali (e in Puglia ce ne sono oltre 180)
  2. La pubblicità online non è considerata equiparabile a quella su carta. Il mercato, cioè, sembra non apprezzare alla stessa maniera un quarto di pagina destra su un quotidiano e il banner in home su un qualsiasi giornale online.

Sul secondo punto, possiamo aggiungere che la testata cartacea è ancora considerata più autorevole, e non vediamo il motivo per il quale si dovrebbe cambiare opinione. Non è difficile incontrare un policy maker con la rassegna stampa cartacea sul sedile posteriore dell’auto che non ha nemmeno un account su Facebook. E se questo non è (ancora 🙂 ) reato, il dato di fatto è che mentre ci si affanna a controllare se il comunicato stampa è stato pubblicato o meno e a che pagina, il resto del mondo parla di noi (e lo fa in maniera tale che possiamo sapere cosa dice e come lo dice e quali sono le fonti).

Per dimostrare la tesi che la carta parla ai decisori, mentre il web parla a tutti gli altri, butto nella mischia un po’ di dati.

Il primo è di Audiweb, e fa riferimento all’audience web (tramite pc, smartphone e tablet) di dicembre 2013:

Nel 2013 l’accesso a internet da qualsiasi luogo e strumento ha raggiunto l’82% della popolazione italiana tra gli 11 e i 74 anni, pari a 39 milioni di individui, di cui 22 milioni da smartphone e circa 7 milioni da tablet.

L’audience online da PC nel 2013 ha registrato un valore medio giornaliero di 13,6 milioni di utenti e una media mensile di 28 milioni di utenti online

Tredici milioni di persone, sono, più o meno, una persona su quattro ha avuto accesso al web. Molti di questi hanno visitato un sito di notizie, o comunque hanno compiuto il gesto dell’informarsi (non importa attraverso quale strumento o canale) e questo dimostra che il monopolio dell’informazione, locale, non è più nelle mani dei quotidiani cartacei, ma in altre, che per il momento non è ancora possibile definire.

Se ai dati della diffusione del web, si aggiungono i dati della diffusione dei quotidiani cartacei, la tesi di cui sopra, è subito dimostrata.

Da gennaio 2013 è infatti obbligatorio per legge la tracciabilità di diffusione, rendite e resi dei giornali. Grazie a questa legge, che serviva a mettere ordine nel sistema dei contributi all’editoria, è possibile avere dei dati su quali e come sono diffusi i quotidiani in Italia. Data Media Hub ha sviluppato una mappa interattiva per leggere i dati.

In provincia di Taranto, il quotidiano più diffuso è il Nuovo Quotidiano di Puglia, seguito dalla Gazzetta del Mezzogiorno. I dati fanno riferimento al mercato 2012, perchè non sono ancora disponibili quelli del 2013 (o meglio, sono disponibili solo le dichiarazioni degli editori).

La voce del mattone

Questo articolo è stato pubblicato lunedì 9 gennaio su Siderlandia, nella rubrica Officina Narrativa

Accade che a Martina Franca la Procura metta sotto sequestro un area boschiva e un cantiere edilizio in cui stavano per essere costruiti 44 appartamenti, tredicimila metri cubi di cemento colato in una pineta in cui esiste un’antica neviera. L’accusa dice che l’ex dirigente dello sportello unico per l’edilizia avesse dichiarato che l’intervento era solo per ristrutturare costruzioni già esistenti (mentre nella pineta c’erano solo pini e pigne) e che quella era un’area in cui si poteva comunque costruire, in barba al Piano Particolareggiato, scaduto nel 2000.

La solita storia, penserà il lettore: l’imprenditore che unge le ruote amministrative e il dirigente corrotto che, pur di permettersi il Suv, accetta di favorire questo o quello. Ma a questo bisogna aggiungere che l’imprenditore, forse il più noto di Martina Franca o, almeno, quello che da dieci anni condiziona l’economia locale, ha chiamato a raccolta il suo ufficio stampa e ha deciso che la miglior difesa è l’attacco, soprattutto attraverso i mezzi di comunicazione, anche quelli sociali.

Premettiamo che le indagini sono ancora in corso e sappiamo benissimo che il risultato può essere qualunque. Ma a noi preme evidenziare la strategia messa in atto dal noto imprenditore per difendersi, almeno pubblicamente.

Il signor G, chiamiamolo così, occupa nell’immaginario locale uno spazio predominante: viene considerato “temuto” o “invidiato”; sicuramente tutti, ma proprio tutti i cittadini sanno cosa fa e quali sono o sono state le sue frequentazioni. Si era sempre tenuto alla larga dalle dispute di paese, almeno non era mai intervenuto mettendo la sua faccia. Questa volta è però cambiato qualcosa. Innanzitutto dopo il sequestro le due più note testate locali si schierano al suo fianco (e questo non ci deve sorprendere); poi invia una lettera in cui si scaglia contro le associazioni ambientaliste, colpevoli, secondo le sue parole, di prendersela con lui a prescindere, manovrati da qualcuno che ha altri interessi. La politica, infine – colpo di genio della lettera pubblicata ovviamente per intero – è la causa di tutti i mali nella cittadina della Valle d’Itria.

Altro giro, altra corsa. Sui social network i rappresentanti della associazioni fanno notare che non c’è nessun disegno politico e, soprattutto, non hanno i mezzi per condizionare le scelte della magistratura. Facebook è uno strumento potentissimo e chi sa utilizzarlo può determinare anche il cambiamento di umore di una comunità. Esistono però delle regole precise. In primo luogo la fiducia, che ognuno sia quello che dice di essere e che si metta in gioco in prima persona. Su Facebook Obama ha gli stessi mezzi dell’ultimo bambino che costruisce giocattoli nelle fabbriche cinesi. A differenza di una testata in cui la redazione sceglie cosa pubblicare o no, sul social network tutti possono commentare e tutti possono pubblicare. Non ci sono limiti, non ci sono privilegi, non ci sono differenze di censo, casta o classe.

Il sig. G. decide di intervenire nella discussione, utilizzando un account di un amico che scrive una lettera minatoria nei confronti di chiunque osi criticarlo, facendo pesare il suo ruolo nell’economia e il fatto che è chiaro, secondo il noto imprenditore, che l’attacco è chiaramente politico. La pineta storica era una discarica a cielo aperto, tanto vale la pena costruirci sopra 44 appartamenti (stessa linea seguita pedissequamente da alcuni giornali locali). Il primo aggiornamento di stato inizia così:

“Caro Sig. P.,
sono un amico del Sig. G. che mi ha chiesto di utilizzare il mio
profilo, non avendone lui uno proprio in quanto non ha il tempo per dedicarsi ad altre attività, essendo la sua giornata già ricca di impegni legati alla sua attività imprenditoriali. questo è il suo messaggio…”

Sintesi del messaggio: mi prendo cinque minuti dal mio lavoro, sicuramente più gratificante del tuo, per scriverti su un mezzo che non uso perché, appunto, non ho tempo da perdere. Il messaggio continua spiegando le sue ragioni e tentando, goffamente, di stabilire un dialogo con la parte opposta. Scegliere di intervenire in prima persona nell’agone non può che significare che le relazioni si sono indebolite e che non ci sono più quelle dinamiche che permettevano ai problemi di risolversi, ahem, con una stretta di mano. Il sig. G. ci mette la faccia, lo fa a modo suo. Tende la mano, sembra almeno, ma alla fine dedica al suo avversario una poesia:

“LA VITA CHE NON VIVE”
GLI UOMINI PERDONO LA SALUTE PER ROMPERE LE SCATOLE A CHI LAVORA…
POI PERDONO I SOLDI PER GUARDARE IL SUCCESSO DEGLI ALTRI…
GLI UOMINI PENSANO ANSIOSAMENTE AL FUTURO DEGLI ALTRI… E SI DIMENTICANO IL
LORO FALLIMENTO…
GLI UOMINI VIVONO MALE PER LA RICCHEZZA DEGLI ALTRI E NON SI ACCORGONO CHE IL
LORO SEMINATO STA BRUCIANDO…
GLI UOMINI DIVENTANO INVIDIOSI E CATTIVI PUR DI ESSERE PROTAGONISTI…

Parole che potrebbero dimostrare che il sig. G. non concepisce per nulla la possibilità di amare tanto un territorio da volere la sua tutela al di sopra di ogni cosa e non concepisce azioni politiche o di protesta se non per invidia nei confronti del successo altrui.

Potremmo dire al sig. G. che molti di noi lavorano notte e giorno per superare sé stessi e non gli altri, potremmo dire che nessuno di noi ha mai invidiato la sua condizione. Potremmo anche dire comprendiamo il suo stato d’animo ma che dovrebbe dotarsi di spin doctormigliori, addetti stampa che utilizzino il cranio non solo per coniugare il congiuntivo.

Potremmo dirlo, ma non sappiamo come fare, dato che è l’esempio del potere che parla per interposta persona, si relaziona solo con chi non gli dice mai no, che decide di interloquire solo se non viene interrotto.

A noi sembra che, grazie ai mezzi di comunicazione 2.0, le dinamiche del potere debbano inventarsi nuove strategie, non potendo ridurre al silenzio e non potendo pretendere compiacimento. Scrivere per interposta persona su Facebook significa pretendere di forzare un quadrato in uno spazio rotondo, ostentando una superiorità che non vuole scendere a patti, che considera le persone o merci o serve, per cui avere un account su Facebook significa non avere nulla da fare. Eppure il messaggio della lettera sembra andare oltre le parole. Sembra tentare di ribadire la volontà di controllo che non può esserci (almeno non in maniera così goffa e feudale) sui nuovi mezzi di comunicazione. Noi ci confrontiamo, urliamo, ci offendiamo, ma sicuramente non obbediamo più.

Da Taranto a Roma con Di Vittorio

“Il lavoro è un bene comune” – con la delegazione tarantina alla manifestazione della Fiom

C’è Di Vittorio con noi nel pullman che ci porta a Roma alla manifestazione “Il lavoro è un bene comune” indetta dalla Fiom. La sua storia scorre attraverso le immagini della fiction Rai interpretata da Favino che scorrono sui teleschermi del pullman. Macinando kilometri, rivivendo la nascita della Cgil, diretti verso Roma a ribadire che non tutti sono d’accordo che il lavoro diventi la vittima sacrificale della crisi economica. Né il lavoro e né tantomeno i lavoratori. Soprattutto i lavoratori.

Partiamo da Taranto prima dell’alba, le luci dell’Eni e dell’Ilva brillano lugubri nel buio di questo sabato di manifestazione. Imbocchiamo la statale, poi verso Massafra e quindi sull’autostrada. Cinque sono i pullman che partono da Taranto, dieci da tutta la provincia. Operai, studenti, militanti, comitati di quartiere, operatori sociali, pensionati, migranti. Tutti diretti all’appuntamento a Roma: quando la Fiom chiama, non si può non rispondere.

La prima fermata è per il caffè, incrociamo due autobus di pellegrini con la foto della Madonna di Lourdes sul parabrezza. Sul nostro campeggia la scritta Fiom Pullman n. 4 e un pupazzo di Hello Kitty. Prima di salire i discorsi si fanno subito duri: i lavoratori somministrati Ilva, precari della metallurgia, si lamentano del fatto che non ottengono risposte né dall’azienda né dal sindacato. La questione è sempre la stessa: essere assunti, non essere assunti, rimanere precari o disoccupati. E poi c’è la questione ambientale, che emerge sempre e comunque ogni volta che si parla dell’Ilva. Nico chiude la discussione dicendo: «Non mi possono chiedere di barattare la città con un posto di lavoro».

 

La delegazione della Fiom di Taranto

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Pentassuglia sul congresso (bloccato) del Pd

Pensavo che questo sabato pomeriggio ci sarebbe stata una svolta nel Partito Democratico martinese, dato che si sarebbe celebrato il congresso cittadino. Arrivo con molta calma all’auditorium Cappelli, con 45 minuti di ritardo dall’inizio e trovo tutto spento, con due o tre persone che allestiscono il palco.

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FLORIDO VINCE: GOVERNARE CON LA TESTA O GOVERNARE CON LA DESTRA?

L’asse D’Alema – Casini mostra i primi risultati: allearsi con la destra per sconfiggere le destre.

Florido ha mantenuto il controllo della Provincia. Per farlo ha dovuto, al secondo turno, allargare la propria coalizione a Fisicaro e a Stefàno e a pezzi del gruppo che sosteneva Tarantino. Ha realizzato, con questo schema, quel “laboratorio” scaturito dall’asse D’Alema – Casini, una sorta di fronte democratico contro la deriva berlusconiana della società, e ha dimostrato che l’alleanza di tutti i partiti in funzione anti PdL funziona. Cioè, il gruppo eterogeneo di simboli e personaggi riesce a prendere più voti che i partiti della maggioranza di Roma. Il genio di D’Alema però sembra sprecato in quest’operazione, dato che sarebbe bastato fare una semplice somma delle percentuali delle singole sigle per capire che Berlusconi e i suoi in Italia hanno tutto fuorchè la maggioranza. La scommessa di questo “laboratorio”, che vince  anche a Bari città, si basa essenzialmente nel creare una sorta di gramsciano “blocco democratico” per contrastare l’avanzata delle destre populiste e autoritarie.

Della bontà del progetto, del suo nobile fine, non si hanno dubbi: il CLN metteva insieme democristiani e comunisti, oltreché liberali e repubblicani, riuscendo infine a scacciare i fascisti, ma sul fondo giace una forte differenza tra il ’43 e il 2009. Nel secolo scorso la crisi dello stato di diritto era fortemente sentita, accentuata dall’entrata in una guerra suicida al fianco di un dittatore sanguinario. Gli italiani erano sì disperati, ma erano anche educati attraverso sotterfugi ai divieti di parlare di politica da parte del regime a raggrupparsi, a pensare collettivi ad essere comunità. Ora invece, grazie alla parcellizzazione della società che sostituisce la playstation alla sala giochi, internet ai circoli di partito, la sensibilizzazione delle masse è difficile e la creazione di un reale fronte democratico è un’impresa ardua. L’operazione Florido, in cui dalla sera alla mattina affianco delle falci e martello c’erano scudi crociati ed ex della Fiamma Tricolore, non sembra basarsi su una reale discussione politica che mette alla base del compromesso il male minore, ma ha l’aria di essere una mera addizione di cifre per mantenere il sedere sulle poltrone. Che questo poi significhi evitare di consegnare la Provincia a Fitto e ai suoi, diventa conseguenza e non fine. Pare. Stando alle dichiarazioni dei diretti interessati non è così. Pasquale Lasorsa, consigliere comunale di Martina, candidato nella lista Io Sud, un passato alla destra di AN, e un primo turno alle provinciali a fianco di Cito, schierarsi con Florido è: «La scelta migliore, dato che a livello locale le ideologie del novecento possono essere messe da parte in nome del bene comune. È ovvio che non era possibile appoggiare una coalizione che comprende i diretti responsabili del dissesto di Taranto e della situazione squallida in cui versa Martina Franca». L’alleanza in nome del buongoverno, che mette da parte le differenze per lavorare insieme al bene comune. Ma quale? È impossibile pensare che non ci siano differenze tra il piano regolatore pensato dalla corporazione degli imprenditori edili da quello degli ambientalisti. Ed è solo un esempio. Non vorremmo essere nei panni di Florido quando dovrà nominare gli assessori.

Francesco Brigati, di Rifondazione Comunista, che ha scelto dopo l’ingresso dell’Udc e di Io Sud di passare all’opposizione, fa un’analisi diversa della questione, partendo dalla pratica attuata per l’apparentamento: «Noi non eravamo per niente d’accordo all’entrata dell’Udc nella coalizione, lo abbiamo ripetuto fin dalle prime riunioni. Ma nonostante la lealtà dimostrata a Florido e alla coalizione, la notizia dell’apparentamento ci viene comunicata a cose già fatte. Questo dimostra che l’alleanza non è in base a convergenze politiche, ma è un gioco di potere per mantenere le poltrone»

Il gioco di potere sarebbe stato quello di fare un’iniezione di destra in un centro sinistra che non riesce a vincere, appesantito da un PD che non sa se è pesce o carne, e dai piccoli feudi personali da difendere ad ogni costo. Un’iniezione che lungi dall’essere vaccino contro l’avanzata delle destre, somministrando un poco di esse per creare anticorpi, si dimostrerà invece una diffusione dei loro antigeni.

Da quaggiù invece, il dato più allarmante rimane comunque l’astensionismo, fortissimo e ormai in ascesa, che dimostra il disagio dei cittadini, di chi non è ricattato, di chi non è fortemente ideologizzato, di non sentirsi più rappresentato da nessun partito, da nessuna coalizione, da nessun politico. È l’altro lato della medaglia che vuole che i politici siano solo buoni amministratori, burocrati imperiali, impiegati di sportello del sistema e dall’altro la massa critica dei cittadini che, avendo già capito questo, non si scapicollano per andare a votare chi avrà solo il compito di firmare e timbrare fogli. È la cancrena di un regime che si sta afflosciando sulle sue stesse regole. L’astensionismo, il disagio dei cittadini di cui è campanello d’allarme, pretende altre forme di partecipazione, più libere, democratiche, che facciano diventare le esigenze territoriali non già argomenti scontati sull’ampiezza di una strada ma discussioni sul futuro dei territori.

I cittadini sono più avanti, e si stanno iniziando a stancare di aspettare che i propri rappresentanti li raggiungano.

Riccardo sta bene, estratte 2 delle 3 pallottole

L’operazione a Riccardo, colpito da tre colpi di pistola durante una serata al Cloro Rosso di Taranto da due balordi incappucciati, è andata bene, dicono i medici. L’intervento è durato dalle 7:30 di stamattina fino alle 18:00 e solo due delle tre pallottole sono state estratte. Ci vorrà un’altra operazione per togliere l’ultima pallottola. Al più presto altri aggiornamenti.

Attentato al Cloro Rosso

Non è nostra abitudine pubblicare comunicati stampa, ma data la gravità della situazione e la scarsità, ancora, di notizie, riteniamo opportuno farlo. Prima di tutto per esprimere tutta la solidarietà al ragazzo ferito, poi a tutti i compagni che in questo ultimo anno sono riusciti a mettere in piedi una perla di partecipazione in un territorio come quello di Taranto, squassato da crisi economiche che si susseguono e usato a mo’ di bambola gonfiabile dalle gerarchie militari, dai potentati industriali, dalle famiglie mafiose e dalla massoneria. Qual è il limite che li separa? Dove finisce un’organizzazione e inizia un’altra? Non è chiaro, per diversi motivi, ma i ragazzi del Cloro Rosso erano probabilmente riusciti ad infilarsi in quell’interstizio rimasto libero dalle brame padronali e hanno iniziato a spingere, sempre più, col rischio reale di creare qualcosa di nuovo, che potesse rompere con il passato e che portasse verso un futuro migliore. Per tutti. Questo, forse, avrà dato fastidio e l’incombenza della campagna elettorale ha reso necessario l’intervento armato, non tanto per punire, ma per spaventare e per far sottoporre a sequestro il centro sociale. Chi sono i mandanti? Forse basta vedere le facce appese al muro che promettono un futuro migliore, forse basta aprire i giornali e leggere le loro dichiarazioni su qualsiasi argomento. Forse basta guardarsi allo specchio…

Ecco il comunicato stampa di Franco Gentile, segretario provinciale del PRC

Comunicato stampa

A tutti gli organi di stampa

Il Partito della Rifondazione Comunista esprime la sua piena e convinta solidarietà ai compagni del Centro Sociale Cloro Rosso di Taranto vittime di un vile attentato di chiaro stampo mafioso.

Nella nottata appena trascorsa energumeni incappucciati hanno sparato all’interno del centro sociale ben sette colpi di pistola, tre dei colpi sono andati a segno ferendo un giovane compagno agli arti inferiori, per una pura casualità è stata sfiorata la strage.

La malavita del posto ha ottenuto il suo scopo, far chiudere il centro sociale (sottoposto a sequestro giudiziario) che nella sua attività di recupero sociale e culturale del quartiere è diventato chiaramente un ostacolo alle attività illecite.

Ora bisogna dire basta. Da mesi è in atto un pressing a tenaglia contro le attività del centro sociale da parte di forze politiche di destra ma anche di settori moderati e “benpensanti”, frange di istituzioni e della stragrande maggioranza della stampa “borghese” che oggi spero abbiano la decenza di provare un minimo di vergogna per l’opera di diffamazione costante nei confronti delle attività del centro.

Ora siamo alla quadratura del cerchio: la diffamazione continua e costante si è saldata con la malavita ed il risultato è sotto gli occhi di tutti.

Diciamo la verità il centro sociale dà fastidio perché è in grado di mobilitare migliaia di giovani a salvaguardia della salubrità dell’ambiente, nelle lotte a difesa del lavoro o contro il carovita, nella narrazione e costruzione di un pensiero libero ed alternativo per questo va soppresso con le buone (facendolo chiudere aggrappandosi a cavilli giuridici) o con le cattive (attraverso attentati in stile mafioso).

Rifondazione Comunista auspica una rapida ripresa delle attività del centro sociale ed invita tutte le forze politiche/sociali democratiche e popolari e le istituzioni ad una mobilitazione generale a difesa della democrazia, della legalità e del Cloro Rosso che in questi mesi si è dimostrato autentico baluardo di questi valori.

FRANCO GENTILE segretario prov. Prc