Giornata della Memoria

Ieri 20 anni di berlusconismo. Il profondo cambiamento culturale di cui è stato portatore in Italia, si può racchiudere in questo dialogo, a cui probabilmente molti di voi oggi assisteranno o ne faranno parte.

– Oggi è la Giornata della Memoria, per ricordare i crimini dei Nazifascisti contro le minoranze, in particolare gli ebrei…
– Eh, ma anche Stalin e i comunisti…

Ieri sera in pizzeria

Ieri sera, in una pizzeria, dal vociare dei clienti si alza una voce da un tavolo che dice qualcosa tipo: “I magistrati sono gli unici che sbagliano e non pagano mai. Sono loro a governare l’Italia”. Ovviamente il riferimento era alla condanna di Berlusconi.

Questo episodio mi fa venire un mente un riflessione che mi piace condividere: ieri in pizzeria ci saranno state settanta/ottanta persone e nessuno dei tavoli pareva ospitare discussioni in merito alle vicende giudiziare di B. Solo in uno, e chi ne parlava aveva un tono di voce così alto da coprire gli altri rumori (oltre a risultare fastidioso e cafone). Un po’ come a dimostrare che di quello che accade a B. interessa pochissime persone, ma sono quelle che utilizzano un volume di voce così alto da coprire le altre discussioni. O meglio: alla stragrande maggioranza degli italiani di Berlusconi interessa davvero tipo niente, ma sembra il contrario perchè chi riesce ad occupare gli spazi di comunicazione fa passare messaggi che dicono il contrario.

A parlare di B. sono solo gli sgherri di B. che vengono invitati dalle televisioni di B. e poi scrivono sui giornali di B. che dettano l’agenda agli altri media. E se dovessimo utilizzare la metafora della pizzeria, ci accorgeremmo che a parlare di B. è solo una o due persone, che gli altri ascoltano anche un po’ imbarazzati sperando che la cantilena finisca il più presto possibile.

L’origine del mondo la fine di Berlusconi

La notizia è di qualche giorno fa: sul simbolo del Pdl non c’è più il nome di Berlusconi. Coloro che hanno importato la tradizione di giustapporre al simbolo del partito il nome del leader di riferimento (Udc – Casini, Fli – Fini, Sel – Vendola, Idv- Di Pietro, Pd – ???) sono stati i primi a levarlo, in sordina, zitti zitti, in un momento di grave crisi. Questo gesto, lungi dall’essere semplicemente un motivo di restyling del partito, è la dimostrazione inconfutabile che l’era Berlusconi volge al termine. Definitivamente. E bisogna levarsi davvero il cappello davanti a coloro che hanno preparato la strategia per la sua definitiva uscita di scena. Perchè lui esce di scena e non come una vittima, ma come un peto, come la parolaccia risorsa ultimo del comico che non fa ridere. Il bucio de culo della politica italiana.

Se il nome “Berlusconi” non è più trainante lo si deve ad una martellante campagna di comunicazione che ha sradicato le origini del suo successo. Attraverso una concatenazione di eventi più o meno fortuiti, dal 2009 ad oggi, con un’azione di cecchinaggio mediatico i simboli su cui fondava il successo e il consenso Berlusconi sono stati abbattuti uno dopo l’altro. In particolare uno, che è poi il simbolo dell’era che (speriamo) sta volgendo al tramonto. Speriamo, perchè i cani rimangono fedeli al padrone anche dopo che questi muore.

I fatti sono questi: una continua esposizione sui media per argomenti che non hanno nulla a che vedere con la politica reale raccontano di un Berlusconi dedito alle feste e alle belle donne e che esse erano il passpartou per ricevere in cambio favori di ogni tipo. Ti serve un appalto, portagli una fica. Vuoi essere eletto al Consiglio Comunale, portagli una fica. Per due anni, in maniera ripetuta, assillante, il nostro immaginario è stato per ovvi motivi contaminato dalle notizie riportate da Repubblica e da L’Espresso che dipingevano in sostanza un Premier vizioso ma soprattutto incapace di esserlo, data la sua presunta impotenza e la sua, presunta, ignoranza sul fatto che le giovani donne che affollavano le sue cene fossero, in realtà, pagate. Escort a sua insaputa, giusto per fare una citazione.

Ebbene, se il carisma di Berlusconi è fondato sulla figura di maschio alfa, di imprenditore che si è fatto da solo, di macho, di presidente di una squadra di calcio vittoriosa in Europa e nel mondo, immaginarlo alle prese con la pompetta o con le iniezioni, o con vari stratagemmi per tenere alzata la bandiera della virilità, è più distruttivo che sapere che i soldi per la costruzione di Milano 2 vengono dalla mafia.

Lui ha costruito il suo successo lavorando con sondaggisti e con operatori della comunicazione che dal niente hanno costruito un impero, colonizzato la vita degli italiani, imposto modi di dire e di fare, dettare mode, costruire miti. La sua sconfitta non poteva che venire dallo stesso lato, dal lato più protetto, dal lato che, probabilmente non ha mai pensato di difendere perchè arrogantemente troppo sicuro di sè e dei dirigenti di Mediaset. Berlusconi è sconfitto definitivamente non perchè l’opposizione inesistente sia stata in grado di costruire un’alternativa credibile ma perchè il velo di Maya è stato squarciato da mille gocce d’acqua. Se non è capace di avere un’erezione, non può mantenere nessuna promessa, non è credibile.

La tattica e la strategia messi in campo per contrastarlo hanno vinto perchè hanno utilizzato i suoi stessi strumenti contro la narrazione che aveva fatto di sè e che è stata il suo cavallo di battaglia da prima del 94 ad oggi. Egli ha perso perchè nel gioco delle associazioni mentali lui sta con le barzellette e le battutine.

Ora che la nave affonda e i topi sono i primi a scappare, possiamo dire che alla fine l‘origine del mondo è stata la fine di Berlusconi.

No? Se dico Berlusconi, a voi cosa viene in mente?

Libia, una questione di politica interna

Ragionando per assurdo, possiamo dire che chiedere con forza che qualcuno si occupi della situazione in Libia può essere paragonato a chiedere con forza che qualcuno faccia qualcosa contro chi costringe le donne al burqa e abbatte gigantesche statue di Budda. Tipo i talebani. Gheddafi e il suo regime sono tratteggiati a tinte così forti che non lasciano spazi a dubbi: il colonnello libico è il Male Assoluto. 10’000 morti, fosse comuni, stragi, mercenari sanguinari assoldati perchè anche il suo esercito si è ribellato e schierato con il popolo che chiede libertà.

Per essere onesti, bisogna dire che non ci sono documenti ufficiali, non ci sono testimonianze, non ci sono foto, non ci sono filmati di quanto sta accadendo in Libia, se non le dichiarazioni di Gheddaffi che minaccia l’Europa di chiudere il rubinetto del gas e del petrolio e di aprire quello dell’immigrazione. Minacce che contribuiscono a rafforzare l’immagine di Maligno del Colonnello.

Ed è il manicheismo che insospettisce. Al netto della giustezza delle manifestazioni, della solidarietà espressa in tutti i modi ai cittadini libici che si ribellano ad un dittatore, il rischio che si corre è legittimare in buona fede un massiccio intervento militare che non farebbe altro che generare altre tensioni in uno scenario geopolitico molto fragile. Un intervento militare metterebbe l’Occidente (perchè si parla di Onu, naturally, o di un ensemble di stati europei) nelle reali condizioni di controllare due cose:

1) Le riserve di materie prime, come il gas e il petrolio

2) Il flusso dei migranti verso l’Europa

Due motivazioni molto ghiotte: abbiamo mandato soldati a morire per molto meno.

Intervento militare quindi, richiesto da alcuni dell’UE e rilanciato da alcuni benpensanti.

Davvero vogliamo questo? Secondo un’intervista rilasciata a Swissinfo.ch, un esperto di giustizia internazionale, riferisce che davvero non ci sono le condizioni perchè qualcuno possa presentarsi armato sulle coste del Golfo della Sirte, perchè alcuni hanno debiti, altri hanno i militari impegnati in Afganistan, ed altri ancora tutte e due le cose insieme.

Chi dovrebbe intervenire allora? Solo un movimento di opinione potrebbe costringere un intervento in Libia. Un movimento di solidarietà per la lotta contro Gheddafi. Un’opportunità da cogliere al volo, quindi, legittimati proprio dai sempreverdi pacifisti.

Allora non si dovrebbe fare niente? Una soluzione potrebbe essere trattare la cosa per quella che è davvero: un’ondata di rivolta sta scuotendo il nord dell’Africa, un vento di rivoluzione che ha già mandato via Ben Ali dalla Tunisia e Mubarak dall’Egitto. Mentre Gheddafi minaccia di lasciar passare le decine di migliaia di rifugiati allora dimostrarsi pronti ad accoglierli, e se ci taglia il petrolio, poco male, andremo a piedi.

Ma Gheddafi è anche amico di Berlusconi. Ecco perchè la Libia è una questione di politica interna. Di più: la collaborazione con la Libia è uno dei pilastri su cui si è fondata la politica di questo governo: in cambio di 5’000’000’000 di dollari, Gheddafi si impegna a bloccare il flusso di migranti africani. La lotta alla clandestinità l’hanno fatta i libici e non i padani. Da che parte deve mettersi il Governo italiano? Dalla parte dell’UE che propone un intervento armato o dalla parte del Colonnello, che non deve essere disturbato? Una situazione troppo complessa per essere risolta nel tempo di una trasmissione di Santoro.

Un buon presupposto potrebbe essere quello di non mostrarsi terrorizzati a dover accogliere 250’000 rifugiati.

Dov’è la rabbia?

Dov’è la rabbia quando un premier si sollazza con le ministre e la gente si suicida perchè non trova lavoro?

Dov’è la rabbia quando le ministre diventano ministre solo perchè costano meno di una moglie e sono più ubbidienti?

Dov’è la rabbia?

Dov’è la rabbia quando Marchionne dice che l’Italia è una palla al piede?

Dov’è la rabbia quando muore un operaio?

Dov’è la rabbia quando ti dicono che purtroppo ti devono licenziare?

Dov’è la rabbia quando non prendi lo stipendio?

Dov’è la rabbia quando tutto aumenta e non puoi acquistare nulla?

Dov’è la rabbia quando i mafiosi al comune perdono i milioni di euro dei finanziamenti europei?

Dov’è la rabbia quando a costruire case è solo uno e detta il prezzo del mercato?

Dov’è la rabbia quando non vedi futuro, non vedi presente, non vedi vie d’uscita?

Dov’è la rabbia quando per vent’anni ti hanno insegnato a non fidarti dei comunisti, dei sindacati, dei pacifisti, degli ambientalisti, dei pazzi che dicevano che forse così non andava bene?

Dov’è la tua rabbia, quando ti licenziano, quando mettono in cassa integrazione tua moglie, quando tuo figlio ti chiede i soldi per i libri, ti chiede la palestra, la chitarra, quando la tua ragazza non ha un regalo da tre anni, quando il tuo ragazzo chiede aiuto per il mutuo?

Dov’è la rabbia, quella che unisce che ci fa urlare che ci fa correre, che ci mette insieme, che pretende i diritti, li afferra con i denti, la rabbia che sanguina giustizia e democrazia, la rabbia feroce della rivolta contro l’oppressione?

Dov’è la rabbia?

Dove?

Lasciata per strada in cambio di un auto nuova, soffocata sul divano tra soap e reality, svenduta per un posto a nero, stracciata e gettata come il gratta e vinci che ti ostini a comprare sperando di cambiare la tua vita.

Dov’è la rabbia quando ti fottono la salute e ti ricattano perchè o così o niente?

Dov’è la rabbia quando intorno non vedi che gente indebitata, oppressa, distrutta, quando basterebbe andare a bussare con insistenza a chi ha comprato i nostri diritti per un piatto di lenticchie prodotte in Cina?

Dov’è la rabbia che agita le strade, le menti, che stringe forte l’idea di un mondo migliore?

Dov’è un mondo migliore?

Nelle nostre scelte quotidiane, nella capacità di stare fermi un giro e guardare oltre, immaginare cosa sarà.

Cercate la rabbia, per favore, alzate tappeti, svuotate cassetti, sventrate gli armadi. Da qualche parte ci dovrebbere essere, magari arrotolata con il diario del liceo, con la bandiera di Che Guevara. Sempre che non l’abbiate scambiata per un abbonamento a Mediaset Premium.

L’impossibilità di essere informati: le gaffe di Berlusconi tra le macerie d’Abruzzo

Secondo il New York Times, Berlusconi in Abruzzo ha sparato gaffe a raffica. In Italia si è saputo solo che il Premier ha consigliato ai senzatetto aquilani di considerare lo stile di vita tipo profugo come se fosse un weekend al campeggio. I quotidiani italiani hanno riportato la notizia perchè era sulle prime pagine dei giornali esteri. Cazzeggiando su internet, sul sito del New York Times, si scopre che le gaffe ammontano a tre nella stessa giornata. Secondo il più diffuso quotidiano americano, la più grave è quella nei confronti di un volontario della Croce Rossa di origine africana, un prete a quanto pare, a cui ha detto: «Hai un’abbronzatura niente male. Vorrei stare io qui e prendere un po’ di sole…». Poi, accortosi dell’idiozia ha cercato di rimediare abbracciandolo: «Stringimi forte e chiamami Papa».

Il secondo episodio che riporta il NYT, è successo all’inizio della stessa settimana. Il premier ha incontrato un medico donna, Fabiola Carrieri dicono alcune cronache e le ha detto: «Come vorrei essere resuscitato da lei».

A questo punto rimane il dubbio del perchè per arrivare a sapere di questo devo fare una triangolazione spaziale tra Martina Franca e New York e poi dover tradurre tutto. Naturalmente la notizia è stata riportata dal sito italiano www.italiadallestero.info. E basta.

Sono sciocchezze, d’accordo, l’ennesima prova da biricchino di un buontempone che casualmente è l’uomo più potente d’Italia. E la stampa italiana non ne parla forse perchè è abituata, non ci fa caso, perchè altrimenti dovrebbe riportare anche le battute del Bagaglino, o magari si vergogna a scrivere del Primo Ministro e dire queste cose. Ma questo fa riflettere anche sullo stato dell’informazione, di ciò che non passa e di ciò che passa, di quello che accade accanto a noi e non sappiamo. Come si fa a fidarsi di un’informazione a metà che dipinge Berlusconi, anche quando lo attacca, come qualcuno che va e risolve, mentre è palese l’incapacità da parte del Governo di provvedere ad alcunchè tranne che nelle zone in cui sono presenti le telecamere? Dell’Abruzzo non sappiamo nulla, nessuno dice nulla di sensato, alcune domande rimangono senza risposta:

1) Gli abitanti conoscevano le procedure di sicurezza da applicare in caso di terremoto. Questo fa pensare al fatto che erano preparati, che qualcuno avesse detto loro che poteva accadere.

2)La  mattina del lunedì, intorno alle 7:00 si vedevano sul posto solo giornalisti, nessun soccorritore. Come hanno fatto ad arrivare prima le televisioni e poi i pompieri? Durante la notte di domenica, dov’era la Protezione Civile?

3)Gli sfollati: chi è andato in albergo? Chi in tenda? Ci sono alcuni che non hanno trovato posto?

4)Gli immigrati irregolari, non registrati da nessuna parte, dove sono? Che fanno?