E PER CASA UN TETTO DI STELLE

Dopo sei mesi scade la convenzione tra la Prefettura e la Croce Rossa. Nessun futuro certo per i rifugiati ospitati presso il Dell’Erba di Martina Franca.

Dopo sei mesi di permanenza discreta, i cento richiedenti asilo ospitati presso l’Hotel Dell’Erba di Martina andranno via. Così come al loro arrivo, improvviso e silenzioso, così alla loro partenza, decretata per la scadenza della convenzione tra la Croce Rossa, che gestisce il centro e la Prefettura, che paga da parte del Governo, tutto accadrà nel silenzio più perfetto.

Strana storia quella dei migranti martinesi, che all’inizio non sapevano nemmeno dove fossero ed erano circondati da persone che nemmeno sapevano chi fossero. Erano vestiti tutti uguali e giravano per la città lungo Corso Italia e tutti li scambiavamo per una squadra di pallone. Poi iniziarono a girare alcune voci sulla loro reale identità fin quando a metà dicembre non decidono di manifestare in piazza per chiedere più diritti. Dopo due settimane di permanenza a Martina Franca un gruppo di loro capisce che c’è qualcosa che non va: vengono convocati i giornalisti e con gran pacche sulle spalle ci viene comunicato che è tutt’apposto. Tutt’apposto perché i manifestanti sono ragazzi, che bisogna capirli, che non hanno capito come funziona la questione, che non dipende da noi, ma da altri, che noi già abbiamo fatto di più di quello che ci spettava. Già, ma cosa?

Con l’ordinanza del Presidente Berlusconi del 12 settembre del 2008, vengono istituiti dei CARA (centri di accoglienza per richiedenti asilo) supplementari, in ausilio del sistema presente perché il numero degli sbarchi durante l’estate è nettamente aumentato. L’ordinanza prevede che si trovino delle strutture, in tutto il paese saranno una sessantina, per ospitare diecimila migranti in attesa che la domanda di asilo venga vagliata dalle commissioni territoriali. Un implemento dell’accoglienza notevole, con una spesa complessiva di milioni di euro. La convenzione tra la Croce Rossa di Taranto e la Prefettura prevede una spesa giornaliera di 47 euro a persona, che dovrebbe comprendere vitto alloggio e tutti i servizi che il Ministero dell’Interno prevede per una buona accoglienza: mediazione interculturale, mediazione linguistica, corsi di lingua, supporto legale, supporto socio psicologico, assistenza sanitaria, acquisto di vestiti e di beni di prima necessità. In sei a Martina è arrivato circa un milione di euro con cui la Croce Rossa ha reso possibile l’accoglienza dei migranti.

L’ordinanza del 12 settembre però, è in deroga a tutta la legislazione italiana sull’immigrazione: l’incremento degli arrivi ha fatto scattare un’emergenza che, per essere risolta, il Governo decide che la legge normale non basta. I centri governativi di accoglienza, che poi assumono lo status di CARA, vengono aperti in fretta e furia e affidati alla gestione di enti, per la maggior parte ecclesiastici, senza nessuna gara di evidenza pubblica, vengono assegnate delle somme abbastanza alte (di solito per l’accoglienza dei migranti la somma quotidiana procapite è nettamente inferiore) e si lascia tutto al buon cuore di chi gestirà il posto, perché la convenzione non specifica i capitoli di spesa, non dice quanto viene riconosciuto alla struttura ospitante (in questo caso il Dell’Erba), non dice quanto bisogna spendere per i corsi di italiano, per esempio. E soprattutto non prevede una rendicontazione finale, in base alla quale verificare le spese. Diventa probabile che una cosa del genere si possa trasformare in un affare lucroso, se non conoscessimo le pie intenzioni degli enti che si fanno carico della questione, basterebbe avere a disposizione dei volontari anche non qualificati che lavorino gratis, acquistare materiale di scarsissima qualità, ad esempio scarpe da ginnastica che durano meno di dieci giorni, affidarsi per i corsi di italiano a insegnanti in pensione, e qualcosa in tasca rimane.

A questo però si deve aggiungere che i soldi stanziati dal Governo per l’accoglienza dei rifugiati, sono solo per la prima accoglienza, per i CARA, mentre a tutta la rete SPRAR, che gestisce i centri di seconda accoglienza, fondamentali per l’inclusione e l’integrazione, vengono tagliati i fondi. Il migrante in pratica arriva in Italia, viene lavato stirato controllato e interrogato e infine marchiato buono o cattivo. Poi viene sbattuto in strada al suo destino, con pochissime prospettive di sopravvivenza legale. I centri SPRAR servivano appunto ad accogliere i rifugiati e a trovar loro casa e lavoro, con l’attivazione di una rete di realtà associative e cooperative e istituzionali. Ai ragazzi che sono a Martina una cosa del genere non accadrà. Il 30 maggio scade la convenzione: sbattuti fuori dall’hotel, saranno in balia degli eventi, delle relazioni che sono riusciti a mettere su in questi mesi, delle persone che offriranno loro un lavoro più o meno regolare e di chi deciderà loro di affittare una casa. Dal 30 maggio, in pratica, sarò probabile vedere decine di ragazzi che non sapranno dove dormire, che mangiare, come lavarsi, cosa fare. Per questo motivo la Prefettura ha convocato un paio di settimane fa il Comune di Martina, la Provincia e alcuni enti tra cui Babele di Grottaglie, che gestisce un centro SPRAR, la Croce Rossa e la Caritas. In questa riunione si doveva trovare una soluzione immediata per il futuro dei ragazzi, e si è proposto di trovare una somma per permettere loro di andare dove vogliono, se vogliono oppure di affittare una casa per un mese. Somma che secondo Babele si dovrebbe aggirare a non meno di cinquecento euro a persona, da dividere tra Comune e Provincia. Nessuno però vuole farsi carico dell’onere, il Comune ha dato la disponibilità per diecimila euro, ma sarebbero davvero insufficienti. La Provincia è in campagna elettorale e non esistono realtà in grado di occuparsi in maniera strutturata della questione.

I ragazzi dell’hotel, di cui più della metà ha ottenuto il permesso di soggiorno, sapranno affrontare quest’altra difficoltà, dopo deserti e torture, perdere un tetto sulla testa e il cibo ogni giorno potrebbe essere un’inezia.  Ma i martinesi, sapranno conviverci?

L’impossibilità di essere informati: le gaffe di Berlusconi tra le macerie d’Abruzzo

Secondo il New York Times, Berlusconi in Abruzzo ha sparato gaffe a raffica. In Italia si è saputo solo che il Premier ha consigliato ai senzatetto aquilani di considerare lo stile di vita tipo profugo come se fosse un weekend al campeggio. I quotidiani italiani hanno riportato la notizia perchè era sulle prime pagine dei giornali esteri. Cazzeggiando su internet, sul sito del New York Times, si scopre che le gaffe ammontano a tre nella stessa giornata. Secondo il più diffuso quotidiano americano, la più grave è quella nei confronti di un volontario della Croce Rossa di origine africana, un prete a quanto pare, a cui ha detto: «Hai un’abbronzatura niente male. Vorrei stare io qui e prendere un po’ di sole…». Poi, accortosi dell’idiozia ha cercato di rimediare abbracciandolo: «Stringimi forte e chiamami Papa».

Il secondo episodio che riporta il NYT, è successo all’inizio della stessa settimana. Il premier ha incontrato un medico donna, Fabiola Carrieri dicono alcune cronache e le ha detto: «Come vorrei essere resuscitato da lei».

A questo punto rimane il dubbio del perchè per arrivare a sapere di questo devo fare una triangolazione spaziale tra Martina Franca e New York e poi dover tradurre tutto. Naturalmente la notizia è stata riportata dal sito italiano www.italiadallestero.info. E basta.

Sono sciocchezze, d’accordo, l’ennesima prova da biricchino di un buontempone che casualmente è l’uomo più potente d’Italia. E la stampa italiana non ne parla forse perchè è abituata, non ci fa caso, perchè altrimenti dovrebbe riportare anche le battute del Bagaglino, o magari si vergogna a scrivere del Primo Ministro e dire queste cose. Ma questo fa riflettere anche sullo stato dell’informazione, di ciò che non passa e di ciò che passa, di quello che accade accanto a noi e non sappiamo. Come si fa a fidarsi di un’informazione a metà che dipinge Berlusconi, anche quando lo attacca, come qualcuno che va e risolve, mentre è palese l’incapacità da parte del Governo di provvedere ad alcunchè tranne che nelle zone in cui sono presenti le telecamere? Dell’Abruzzo non sappiamo nulla, nessuno dice nulla di sensato, alcune domande rimangono senza risposta:

1) Gli abitanti conoscevano le procedure di sicurezza da applicare in caso di terremoto. Questo fa pensare al fatto che erano preparati, che qualcuno avesse detto loro che poteva accadere.

2)La  mattina del lunedì, intorno alle 7:00 si vedevano sul posto solo giornalisti, nessun soccorritore. Come hanno fatto ad arrivare prima le televisioni e poi i pompieri? Durante la notte di domenica, dov’era la Protezione Civile?

3)Gli sfollati: chi è andato in albergo? Chi in tenda? Ci sono alcuni che non hanno trovato posto?

4)Gli immigrati irregolari, non registrati da nessuna parte, dove sono? Che fanno?

Caro Babbo Natale…

La letterina a Babbo Natale

Caro Babbo Natale,

mi chiamo Massimiliano e sono un giovane abitante di Martina Franca. Volevo dirti che quest’anno non sono sempre stato buono, qualche volta mi sono incazzato, e qualche volta mi sono comportato male, ma ho sempre cercato di essere bravo e buono. Quest’anno, caro Babbo Natale, ho pagato tutte le tasse, alcune aumentate del 50 percento, come quella sulla spazzatura, ma non perché ho ingrandito la mia casa, ma perché il Comune si è beccato una bella multa e dobbiamo pagarla tutti. I maligni dicono che è colpa degli amministratori che, nonostante le sentenze dei giudici e le leggi della Regione, non fanno una nuova gara d’appalto per lo smaltimento. Io credo che lo facciano perché hanno a cuore le sorti dei dipendenti della Tradeco.

Caro Babbo Natale, quest’anno qualche volta mi sono lasciato andare a brevi turpiloqui. Quando ero nel traffico soprattutto, perché mi scocciavo di metterci mezz’ora da Cristo Re all’Ospedale. Immagino che scorazzando tra le stelle con le tue renne non hai problemi di doppie file che intralciano il passaggio, di cerebrolesi che ti guardano sorridendo sorseggiando caffè mentre la loro macchina blocca la tua, di soste espressioniste al centro strada, di signore troppo impellicciate per capire che lo spazio vuoto tra due auto è un parcheggio dove poter lasciare il loro ingombrante inutile Suv. Mi sto innervosendo, ma mentre ti scrivo, caro Babbo Natale, rivivo le scene che accadono quotidiane.

È stato un anno allegro, quasi, tranne che per due miei amici che si sono sposati e non riescono a trovar casa, che ci vorrebbero un po’ di mutui subprime anche qui da noi. Lo sai che una casa arriva a costare 3600 euro al metro? Sono sicuro che da voi in Lapponia non è così. Questo fatto mi ha intristito e se mi intristisco mi arrabbio un po’, e me la prendo con gli amministratori che, poveretti, sono troppo impegnati per pensare al piano regolatore.

È stato un anno molto intenso. Al giornale ci sono stati nuovi acquisti e tutti abbiamo un po’ acquisito esperienza. Ma la vita del cronista, sia esso di cronaca o di sport, di inchiesta o di politica, non è mai semplice e spesso, a causa dell’abitudine a leggere i fidi scribi, sembra che il lavoro fatto non valga nulla. Ma noi non ci arrendiamo e anzi ti chiedo che questo Natale mi porti un po’ di pazienza e di cortesia nei confronti di chi è re in paese ma già all’altezza di San Paolo conta come il due di briscola.

Vorrei la capacità di raccontare a tutti, senza la paura di non essere capito.

Sotto l’albero la mattina del 25 spero di trovare splendente lo spirito cristiano dell’accoglienza, che gli abiti talari non indichino solo arringhe vigorose ai fedeli intruppati ma scarpe sporche di fango e mani che abbiano toccato la povertà.

Vorrei aprire un pacco e trovare il modo perché la gente non veda nei ragazzi dell’Hotel dell’Erba dei concorrenti nella miseria ma dei fratelli vittime anche loro degli stessi meccanismi che divide il mondo in sfruttati e sfruttatori.

Anche se non sono stato un esempio di bontà, ti chiedo, Babbo Natale, di portarmi un paio di forbici magiche per tagliare i fili tra i vertici delle piramidi di potere che impoveriscono le nostre terre e le nostre menti e le persone normali, laboriose, oneste, costrette ogni giorno ad inchinarsi perché ci fanno credere che i nostri diritti non sono nient’altro che privilegi.

Portami una gara d’appalto per i rifiuti, affinchè anche a Martina si possa fare un po’ di raccolta differenziata. Regalami un’idea per spiegare agli imprenditori della zona industriale che non possono usare i cassonetti normali per gettare i rifiuti delle loro imprese, perché altrimenti a pagare siamo noi cittadini. Regalami un po’ di buon senso da mettere sotto il tergicristallo delle macchine parcheggiate in doppia fila. Regalami un vigile personale che multi chi non sa guidare.

Babbo Natale, se c’è spazio nel tuo sacco ti chiedo un chilo di saggezza, da donare ai nostri amministratori, affinchè capiscano che governare non significa emettere ordinanze contro chi sputa o emette flatulenze, ma timonare una nave che non deve affondare.

Vorrei un po’ d’ordine, per favore, nel nostro Ufficio Tecnico, perché mi dispiace che spesso si perdano le carte.

Vorrei un po’ di sicurezza, se è possibile, vorrei poter sognare una prospettiva e un futuro e non ringraziare di essere arrivato alla fine del mese.

Per ultimo, caro Babbo Natale, ti chiedo di trovarmi quella scatola di giocattoli che quand’ero bambino mio padre mi comprò dal negozio sotto casa, quella dove c’erano le casette in plastica colorate, da assemblare. Quella scatola che stava in vetrina in quel negozio di giocattoli che ora non c’è più.

Problema casa: una soluzione sarebbe cercare a Crispiano

Una (non troppo) fantasiosa ricostruzione del perché a Martina è impossibile trovar casa.

L’otto dicembre scorso il noto blog Liberamartina, riportava per primo la storia del signor Cosimo P. disoccupato e sfrattato, costretto a dormire nella villa comunale. Senza lavoro e senza soldi quindi, impossibilitato a pagare l’affitto, per alcune notti si è adattato a dormire su una panchina della villa.

Nonostante questa possa sembrare l’ennesima storia di povertà, l’ennesimo caso umano su cui versare un po’ di lacrime, una situazione del genere ci offre lo spunto per una riflessione sul tema case.

Secondo le statistiche dell’Istat, i nuclei famigliari sono circa diciottomila e il totale delle abitazioni risulta quasi il doppio, circa trentamila. Il dato quindi ci dice che le case sono più delle famiglie, anzi che c’è una casa ogni due persone. L’offerta quindi supera la domanda. Secondo le leggi di mercato in una situazione del genere i prezzi dovrebbero calare, permettendo a tutti di acquistare. Invece non è così, i prezzi al metro quadro a Martina sono tra i più alti in provincia e sono un reale ostacolo all’acquisto. Questo perché gli imprenditori edili sembra abbiano fatto cartello e, in barba alla libera concorrenza, fanno il bello e il cattivo tempo. A questo si aggiunge un piano regolatore che ha esaurito da un bel pezzo le sue funzioni, avendo la veneranda età di venticinque anni. Le zone edificabili sono state edificate e si costruisce solo in deroga al piano stesso. Un nuovo Piano Urbanistico permetterebbe sia di costruire, sia di abbassare i prezzi, indicando un livello massimo di canoni d’affitto e un tetto al rapporto prezzo/metratura. Da questo punto di vista, il Consiglio Comunale, non solo quello tutt’ora in carica, ha fatto sempre orecchie da mercante, facendo dubitare i più maligni di commistioni tra la classe politica dirigente e i (pochi) imprenditori che riescono ancora ad avere licenze edilizie.

Sebbene sia difficile vendere (in realtà è difficile acquistare), il mattone a Martina è un’attività redditizia, altrimenti non si spiegherebbero i vari escamotage per scavare fondamenta e far crescere condomini. L’episodio dell’articolo 51 è emblematico: durante la crisi politica a ridosso del 2000, il Comune fu retto dal commissario prefettizio Sessa che, andando ben oltre i suoi compiti, autorizzò una maxivariante al piano regolatore che prevedeva la costruzione di ben 430 appartamenti sparsi a macchia di leopardo su tutto il territorio comunale, in particolare dalle parti del Pergolo e di via Massafra. Ma la procura intervenne a bloccare tutti i procedimenti: non solo non era nei compiti del commissario approvare una cosa del genere, ma l’elezione del sindaco ci sarebbe stata di lì a pochissimi giorni, se c’era davvero necessità, sarebbe bastato aspettare. Inoltre anche l’uso dell’art. 51 della legge sull’edilizia è stato improprio: la legge prevede che, in caso di necessità, ci può essere una deroga al piano regolatore per interventi di carattere pubblico, mentre l’iniziativa di Sessa e compari era indirizzata verso i privati. L’affare colossale è stato bloccato, e la procura ha iniziato un’inchiesta coinvolgendo otto persone tra imprenditori e funzionari comunali, compreso Sessa. Una storia che è addirittura approdata in Parlamento.

Questo accade tra il 2002 e il 2003.

Nel frattempo nessuno si è mosso per quanto riguarda il Pug, a parte qualche dichiarazione estemporanea. Il problema dell’accesso alla casa però rimane alto, tanto che lo Iacp, l’Istituto per le case popolari, presenta un progetto per la costruzione di una ventina di appartamenti finanziati dalla Regione. Quasi due milioni di euro per dare una boccata di ossigeno alle tante famiglie che non possono permettersi le cifre esose dei proprietari di casa. Tutto però si risolve in una bolla si sapone. Il progetto, presentato al comune, si perde tra le varie carte dell’Ufficio Tecnico, nonostante le promesse che il sindaco Palazzo ha fatto ai funzionari dello Iacp. Il tempo passa e la Regione decide di intervenire, dirottando i fondi per le nuove case popolari verso Manduria.

Questa disattenzione dei funzionari comunali e dei politici amministratori potrebbe costare cara alla città, perché nonostante le lunghe liste di famiglie in attesa di alloggio, l’occasione propizia si è persa. Sennonché spunta fuori dal cilindro la cosiddetta Legge 12, varata dalla Regione la scorsa estate, che prevede la possibilità di andare in deroga al piano regolatore e rendere edilizie alcune aree, in particolare le zone E, le aree dove sarebbero previste solo villette, per intenderci. La legge 12 si riferisce ai comuni con elevata tensione abitativa e prevede che i proprietari delle aree suddette possano costruire in deroga al piano regolatore, sia rispetto alle dimensioni sia rispetto all’indice di abitabilità.

piano-regolatore-via-massafra-zona E

L’unico obbligo è che siano rispettate le norme e i massimi d’affitto previsti dalla legge, trattandosi di edilizia economica convenzionata. Un privato, cioè, fa le veci del pubblico e ne rispetta i termini. Solo che invece di pagare l’affitto allo Stato, lo si paga al costruttore. La ghiottoneria della legge però sta nell’obbligare chi costruisce a donare il dieci per cento degli appartamenti al Comune, come se fosse una sorte di rimborso spese. Il Comune quindi avrebbe da assegnare alcuni alloggi alle famiglie che aspettano da tempo.

Se fossimo in una realtà degradata, tipo Palermo degli anni ottanta o novanta, e non in un paese civilissimo come Martina Franca, si potrebbe pensare che la “dimenticanza” del progetto dello Iacp sia stata voluta perché sono ancora in ballo i 430 appartamenti dell’articolo 51. Questo fatto potrebbe addirittura arrivare a bloccare la stesura di un nuovo piano regolatore, perché chi avrebbe dovuto costruire perde un investimento milionario, dato che tutti avrebbero la possibilità di edificare. Nel frattempo che si risolva l’inchiesta, piove dal cielo la legge 12, voluta dalla Barbanente per risolvere problemi reali, ma che a Martina (se non fosse la civilissima di cui siamo certi) risolverebbe i problemi di alcuni costruttori. Per verificarlo basta andare dalle parti di via Massafra e verificare se i terreni sono in vendita o sono già stati venduti e a che prezzo. Oltretutto, se non fossimo nella civilissima Martina, si potrebbe arrivare a pensare che gli appartamenti non solo sono un investimento sicuro ma possono anche servire in caso di elezioni come scambio o favore. Se su cento appartamenti, dieci sono del Comune, le famiglie a cui toccherà la fortuna di usufruirne saranno eternamente grati all’assessore che le ha scelte.

Questa lettura naturalmente va ben oltre i fatti, sono supposizioni fantasiose. Se il nuovo piano regolatore sta assumendo ormai le stesse caratteristiche del Messia per il popolo ebraico, che campa sperando di vederlo, è per necessità contingenti, importanti. Siamo sicuri che un Consiglio Comunale con un’alta percentuale di geometri e ingegneri e fratelli di geometri e cugini di ingegneri non avrebbe difficoltà a stilarlo. Se non lo fa è perché ci sono motivi gravissimi che noi cittadini non possiamo nemmeno immaginare. Per questo, caro signor Cosimo P. che cerchi casa, ti consigliamo di considerare Crispiano come valida alternativa.