Chi ci guadagna dalla campagna sulla sicurezza

La campagna per la sicurezza messa in piedi da Berlusconi e i suoi accoliti, a prima vista sembra una chiara dimostrazione dell’indole neofascista del Governo, che indica, in un momento di crisi strutturale del sistema capitalista, come “untore” o causa del Male assoluto, l’Altro, l’immigrato, diverso da noi perchè vittima del proprio istinto animalesco a violare, fare del male, ma a ben guardare, non è nient’altro che un altro esempio della terribile propaganda di cui siamo vittime. Questa campagna, che può sembrare razzista ad un primo sguardo, ma che cela risvolti ancora più inquietanti che di seguito spiegheremo, è supportata da un sistema mediatico disinformativo che addirittura, come fa il Corriere della Sera tramite una delle sue penne di punta, indica nello stupro l’atto rituale attraverso cui gli Invasori, gli immigrati, dimostrano a noi (noi chi?) di aver conquistato la Patria. Evitando giudizi di merito sul concetto di Nazione, Patria, la cui a-storicità e a-scientificità riempirebbero troppe pagine, vorremmo soffermare la nostra attenzione su chi e cosa trae giovamento da questa campagna disumana. Il razzismo è una buona scusa per racchiudere alcune scelte berlusconiane, e leggere alcuni eventi in questa chiave è legittimato dalla presenza nella compagine governativa di gruppi di bovari nordici saliti al rango di deputati, ma il razzismo è un modo per solleticare la fantasia popolare e dare in pasto al suo giudizio colpevoli immediatamente riconoscibili di pesanti disagi. Se il lavoro è merce rara, secondo la formula razzista, è colpa dell’africano che lo ruba, e non perchè l’africano senza documenti e quindi senza diritti, costa meno e rende di più in termini di ricavo da parte del padrone. Il costo del lavoro è il centro della questione: se il capitale si sposta verso luoghi in cui il costo del lavoro è basso o bassissimo, i lavoratori si spostano verso luoghi in cui il costo del lavoro è più alto: gli imprenditori italiani aprono fabbriche in Romania, i lavoratori rumeni cercano lavoro in Italia. Con l’entrata della Romania nell’UE e quindi in Shengen, i lavoratori rumeni hanno avuto libertà di movimento nei paesi dell’Europa occidentale e quindi la possibilità di cercare lavoro senza la necessità di un permesso di soggiorno. Questo, è ovvio, ha svuotato di braccia la Romania e ha creato problemi ai vari imprenditori alla ricerca di manodopera a basso costo. In questa differenza tra offerta e domanda di lavoro, si inserisce la campagna mediatica contro “lo stupratore rumeno”, che non è altro che un modo per ovviare Shengen attraverso la criminalizzazione di un gruppo di individui, il cui lavoro costa di meno in patria che non in Italia. A supporto di questa tesi, ecco un passaggio dell’articolo pubblicato sulla rivista di Confindustria “L’imprenditore” di aprile dello scorso anno, in cui si intervista Marco Tempestini, presidente di Unimpresa Romania. Alla domanda dell’intervistatore: Che mercato offre la Romania agli imprenditori italiani?, Tempestini risponde, dopo aver elencato un alto numero di vantaggi, soprattutto dal punto di vista del costo del lavoro ([…] un costo della manodopera sicuramente in aumento, ma a livelli ancora bassissimi, rispetto a quelli dei paesi europei […]), parla di un “rovescio della medaglia” : “la propensione all’emigrazione sta depauperando le risorse umane a disposizione delle aziende[…]“.

0 thoughts on “Chi ci guadagna dalla campagna sulla sicurezza

  1. Dici che è solo questo il motivo? Magari è uno dei motivi ma non il principale, che invece subisce l’influenza di chi – invasato dalla dottrina del celodurismo – pensa di far fronte alle carenze dello Stato chiamando in causa i cittadini: le ronde. E’ follia. Sono provvedimenti che richiamano quanto già visto nel fascismo. E se tu dai un minimo di potere-fai-da-te alle persone, gli dai anche l’illusione di essere parte dello Stato. Le controlli.
    Questa campagna usa la motivazione xenofoba per controllare maggiormente gli italiani e convincerli che essere “cittadini” non significa accogliere il prossimo ma prendere il bastone in mano. Ed è follia. Una follia della partecipazione in un’Italia di frustrati che avranno così l’illusione di contare qualcosa.

    Emilio F. Torsello
    http://www.eftorsello.wordpress.com

  2. no Emilio, naturalmente non è solo questo il motivo. solo che è importante cercare di rapportare quello che accade a tutto il sistema: la campagna sulla sicurezza unisce in se molti aspetti, tra cui anche quello economico, legato al lavoro, poi c’è la possibilità di controllo, convincere, come dici tu, i cittadini a rinunciare a pezzi della propria libertà in cambio di sicurezza. poi c’è l’aspetto mediatico, la rappresentazione di un governo forte che sa gestire la situazione. ma sono cose viste non solo durante il fascismo, mi viene in mente il medioevo, in cui il popolo giurava fedeltà al nobile in cambio di protezione. inoltre, non va dimenticato, con le ronde si delegittimano le forze dell’ordine e si arriva a privatizzare un settore delicato come la gestione dell’ordine pubblico. ci aspettano tempi duri, di quelli a cui siamo abituati a leggere sui libri di storia…

  3. …Peccato che se lo fai notare, nella maggior parte dei casi vieni liquidato come Comunista (e io non sono comunista)…oggi si preferisce delegare ad altri il senso critico…è questo il vero male della nostra Italia.

  4. Caro Massimiliano condivido la tua analisi, anche se c’è da dire che per le condizioni in cui versa la Romania, non credo che la presenza di un gruppo, seppur cospicuo, di imprenditori italiani, che hanno delocalizzato le loro aziende, puntanto sul basso costo del salario in Romania, possa spiegare le grandi contraddizioni di un paese tanto depresso, da assistere quasi impotente all’emigrazione di un numero ingente di lavoratori, essenzialmente donne, che accetta soprattutto in Italia, seppure con grande fastidio, condizioni di lavoro a nero il più delle volte irrispettoso dei più elementari diritti di una persona. La cosa più grave è che, per le caratteristiche del tipo di lavoro che i rumeni (le rumene), svolgono da noi, non s’intravedono prospettive di miglioramento nè per loro, in termini di riqualificazione professionale, nè per i loro familiari, in termini di rimesse. Da qui il dramma senza sbocchi, accresciuto dalla crisi economica, che impoverisce le famiglie italiane, le quali sempre più difficilmente ricorreranno al lavoro delle immigrate per accudire le persone non autosufficienti, che in Italia raggiungono un numero rilevantissimo.
    Le politiche del governo italiano si spiegano anche alla luce delle modifiche del mercato del lavoro italiano. Quando la disoccupazione avanza, non si guarda più alle tipologie del lavoro e aumenta la richiesta di lavoro anche nero,anche precario, anche sottopagato. Si strumentalizzano questi bisogni per nascondere le incapacità di governo e soprattutto la volontà di esercitare un potere senza controllo e quindi senza freni.

  5. questo è il “sistema”: tutto concorre alla realizzazione di un progetto, che cambia da classe a classe o, se non vogliamo usare parole antiche, da gruppo di interesse a gruppo di interesse. inoltre un’analisi di questo tipo si interseca necessariamente alla linea diacronica della storia: tutto fa parte di un flusso che non inizia nel 1994 ma nemmeno nel 1968 o nel 1945…
    Una riflessione importante sui cambiamenti che abbiamo subito è che adesso essere “comunista” è un problema, a volte un’etichetta da affibbiare a qualcuno proprio per rendere le sue parole “di parte”, quindi delegittimarle e depotenziarle. Il problema è che “essere di parte” è naturale, se non necessario, in un regime democratico come dovrebbe essere. Ecco il pensiero unico che elimina le parti (e le classi) e taccia chi non è d’accordo di terrorismo o cose simili…

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