Altissima la partecipazione alla manifestazione dei sindacati del tessile, che lanciano la sfida della ripresa del settore manifatturiero.
Made in Itali: Mobilitarsi Adesso Dobbiamo Essere Instancabilmente Numerosi Insieme Tutti Amministratori Lavoratori Imprenditori.
A parte la licenza poetica dell’acrostico, I al posto di Y, è in questo striscione appeso da alcune lavoratrici il senso della manifestazione svoltasi a Martina Franca durante la fiera detta “dei cappottari”. Ad integrazione, per rendere meglio l’idea del senso, bastava leggere sulla ringhiera intorno alla fontana in Piazza Roma o sullo striscione attaccato al Palazzo Ducale, rispettivamente “La città ha bisogno di noi – noi abbiamo bisogno della città” e “La giusta medicina non è il made in China”, entrambi della Filtea CGIL di Taranto, per rendersi conto che della situazione tutti hanno un quadro abbastanza chiaro. La crisi che da anni attanaglia il settore manifatturiero, moltiplicata per la crisi economica, unita alla tendenza non poco diffusa da parte di fette dell’imprenditoria di rivolgersi alla manodopera estera (cinese, rumena, albanese…) hanno reso il tessuto produttivo della Valle d’Itria quasi una landa desolata, fatta da operai in cassa o in mobilità e imprese che cadono stecchite ogni giorno.
Quasi un migliaio di persone hanno riempito Piazza Roma, lavoratori, le loro famiglie, gli imprenditori, in un giorno scelto non a caso, come ci ricorda Giuseppe Massafra, segretario generale della Filtea di Taranto nel suo intervento, il giorno di San Martino in cui a Martina Franca si svolge la cosiddetta “fiera dei cappottari”.
Le persone arrivano alla spicciolata, l’appuntamento è alle 15 e il tempo non promette niente di buono: vento gelido di tramontana e nuvoloni grigi. C’è tensione nell’aria: se la manifestazione non dovesse riuscire, sarà più difficile dare una scossa reale alla situazione tragica delle confezioni martinesi. Alle 15:15 la piazza però è già mezza piena, ci sono le televisioni locali che intervistano i sindacalisti che dovranno intervenire, gruppi di operai con le famiglie arrivano da sotto l’arco di Santo Stefano, stringendo il volantino con il fumetto di “Nello – il cappottino orfanello”, come se fosse un invito all’evento. Alle 15:30 Giuseppe Massafra inizia il suo intervento chiedendo alle persone di avvicinarsi intorno al palco, che è un marciapiede, e solo allora si ha la percezione della portata dell’evento. Sono anni a Martina che non accade qualcosa di paragonabile. I lavoratori che mettono la faccia nelle proprie richieste di diritto al lavoro e al reddito. Massafra dal microfono snocciola le questioni che li portano in piazza ad una ad una. Delocalizzazione della produzione in posti dove la manodopera costa due noccioline, che causa l’impoverimento del tessuto imprenditoriale contoterzista locale; la contraffazione, combattuta poco efficacemente; l’insensibilità dell’amministrazione locale nei confronti di un settore spina dorsale della città e soprattutto il rilancio del Made in Italy.
In piazza iniziano ad arrivare alcuni politici locali, il PD al completo, e alcuni della maggioranza di centrodestra, e il PDCI, l’unico con le bandiere e un volantino di sostegno ai lavoratori. Sembra quasi che il richiamo fatto da Massafra dal palco: «Siamo scesi in piazza oggi anche perché questo sembra un problema di cui la città non sa affrontare o non vuole affronare» abbia per un attimo proiettato i nostri politici in una dimensione per loro nuova: interessarsi ai problemi reali.
Dopo Massafra sul palco si susseguono Tiziana Marini, segretaria provinciale Femca Cisl, Rosalba Cicero, segretaria nazionale della Filtea Cgil, e Marcello Guardianelli segretario nazionale Femca Cisl. La sostanza degli interventi è simile, perché la situazione è di una chiarezza disarmante. Urgono provvedimenti, serve unità nelle richieste delle proposte, serve la possibilità di concertare gli interessi di imprenditori operai e amministratori per uscire insieme dal pantano che è ormai insostenibile.
È il momento del sindaco Palazzo, a cui bisogna dare atto del gesto di coraggio nell’affrontare una piazza tutt’altro che infreddolita. Promette di farsi carico di aprire un tavolo tecnico di gestione della crisi. È un passo avanti. Ma dalla folla si sente gridare «i container, i container!» . Un imprenditore façonista urla la propria rabbia nei confronti del simbolo dell’outsourcing che ha ucciso la sua azienda, quei container pieni di capi che in alcune aziende entrano cinesi ed escono italiani. Tocca all’assessore provinciale al lavoro, Vito Miccolis, che richiamato sul palco da Massafra promette di sollecitare la Prefettura per la questione della contraffazione.
Negli occhi delle persone si poteva leggere felicità mercoledì. Occhi che brillavano, liberati dalla patina della solitudine della condizione. Tanti ce ne sono come me, si pensava. Siamo tanti, e siamo forti. Con questo messaggio si conclude la manifestazione: questo è solo l’inizio, le promesse le abbiamo ascoltate e se non verranno mantenute sappiamo come tornare a pretenderle.
A microfono spento, il segretario Massafra è stato assalito da una decina, guarda caso, di imprenditori. Avevano bisogno di parlare con lui, trovare insieme una soluzione. Ecco un prodotto della crisi: l’impresa che chiede aiuto al sindacato. Ma se ne comprende il motivo. Assindustria, nonostante invitata e sollecitata, è assente in piazza, a Martina sembra tutelare solo gli interessi dei forti, di coloro che hanno lasciato i più piccoli a bocca asciutta. Imprenditori di sessanta che mandano a casa i loro operai, che non sanno andare avanti, che non vogliono mettersi insieme perché «a Martina non c’è la mentalità».
È Massafra, in seguito, a dirci la soluzione: l’innovazione e la formazione, lo sfruttamento non della manodopera ma dell’esperienza degli operai, la diversificazione della produzione. A Martina si cuce prevalentemente da uomo, mentre ultimamente arrivano commesse di alta moda femminile che il nostro territorio non può accogliere e continua ad impoverirsi.
Alla fine, chi lo cucirà il mantello di San Martino? È Rosalba Cicero a darci la risposta: «Siete voi» urla dal palco «a doverlo cucire, tutti insieme, lavoratori e cittadini e imprenditori e amministratori. Tutti insieme».
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