Sorprendente è la reazione al movimento di opinione sulla costruzione di un distributore di benzina in Valle d’Itria. Da un certo punto di vista è straordinario vedere la partecipazione, la fiducia, l’incontro, lo scambio di opinioni di centinaia di persone che non si conoscono nemmeno ma condividono un punto di vista, dall’altro invece è triste vedere gli strumenti messi in campo per far sì che la domanda posta dal gruppo “perchè?” passi in secondo piano, spostando l’asse del discorso sul “perchè voi non la volete?”. La mossa tattica è scontata perchè passare dalla pretesa di una risposta politica da parte dei rappresentanti consiglieri si passa all’elenco di autorizzazioni ottenute. La risposta quindi, non esaurisce più la domanda “cosa vi ha spinto a farlo” ma “mi fate vedere i documenti?”. Ecco, a questo punto del percorso penso sia doveroso mettere dei paletti: le autorizzazioni servono per i Carabinieri e per il TAR, per noi cittadini indignati servono risposte brevi e concise alla domanda che ci troviamo costretti a ripetere: “Perchè costruire un distributore in Valle d’Itria?”.
A questa domanda attendiamo una risposta, che non può essere “ci saranno i muretti a secco”.
Il movimento questuante si muove su istanze politiche e non esclusivamente ambientali. E per politiche intendo: “quale progetto di territorio sta alla base dell’autorizzazione alla costruzione di un distributore in piena Valle d’Itria?”. Questa è la domanda completa, a cui ovviamente non accetteremo mai come risposta: “Ci sono le autorizzazioni”.
Con tutto il rispetto delle autorità competenti, chi se ne frega delle autorizzazioni…
In provincia, si sa, ogni volta che si fa un passo si rischia di pestare i piedi a qualcuno, magari involontariamente, magari consapevolmente. La storia del distributore ha fatto emergere subito le fazioni dello scontro (che nessuno vuole, spero) i cui strateghi hanno già sentenziato: “Spostiamo l’attenzione dalla domanda posta al fatto che le autorizzazioni ci sono tutte e non è che ogni volta che si fa qualcosa devono rompere i coglioni questi ambientalisti che non hanno nulla da fare. Noi siamo gente che lavora…”.
Pensare che questa sia una strategia studiata a tavolino, presuppone la capacità di studiare una strategia. Cosa difficile, almeno secondo l’esperienza fatta a Martina Franca, sono pochi coloro capaci di arrivare a tanto. Secondo chi scrive la cosa più probabile è che invece siano stati davvero colti in fallo, involontariamente, e l’atteggiamento è stato quello della difensiva.
Colti in fallo su cosa? La reazione della parte opposta spinge chi scrive a pensare che ci sia davvero qualcosa che non è emersa da subito. La domanda posta al commissario (ad acta, non di polizia, tranquilli…) assume ancora più importanza. Riflettendo ad alta voce, la prima obiezione è: come mai lì e non in via Mottola o in via Massafra? Perchè scegliere un luogo decentrato rispetto al grosso del traffico? Forse è una posizione strategica. Ma per cosa?
Il nuovo tracciato della SS 172?
Ecco. Forse è questa la base della decisione di strappare un pezzo di Valle d’Itria e destinarla a contenitore di petrolio. Da lì passerà la nuova 172 e quel posto diventa strategico. Oltretutto, vedendo i lavori in corso dalle parti del ponte della ferrovia sulla strada vecchia per Alberobello, diventa chiaro che da lì sarà spostato il traffico pesante diretto nella Zona Industriale. Il ponte che stanno costruendo permetterà che da sotto passino i camion.
(Questo spiegherebbe come mai dal Piano Carburanti voluto dal Comune sia stata stralciata solo la parte che va da via Locorotondo a via Ostuni fino al limite di provincia e non fino a via Alberobello).
Sarà questo il possibile disegno? Una nuova strada ad alta capacità che taglia la Valle d’Itria?
Senza giudicare, davvero, questo progetto, non possiamo non porci una domanda: un cambiamento così radicale del territorio, non meriterebbe un consulto con i cittadini? I milioni di euro che si spenderanno forse ci dicono che non è il caso di far passare tutto dal giudizio popolare. Chi sparte ha la parte migliore, dicono da noi.
Tanto ci sono le autorizzazioni.
Ah, dimenticavo, la Sovrintendenza per i Beni e le Attività Culturali non ne sapeva niente. Tanto da sentirsi in dovere di scrivere ai Carabinieri (clicca qui e qui per leggere la lettera)
L’idea del popolo che ‘sparte’ i politici dai propri interessi è quanto di più rivoluzionario i nostri nonni potessero immaginare…dobbiamo solo riuscire nell’intento di conquistare come ‘parte migliore’ il bene comune e non le botte come il vecchio adagio tramanda!!