Nominando i domini. Dominando i nomi.

Accade che hai un’idea in testa e prima ancora che riesci a metterla giù per iscritto, ti metti a digitare su Google il nome del sito che vorresti fare, o del progetto e ti accorgi che sono tutti occupati. In un mondo online dominato dai SEO e dagli aggiornamenti degli algoritmi dei motori di ricerca, possedere il nome giusto per il sito giusto per l’idea giusta è quasi più importante del progetto stesso, secondo la logica per cui bisogna ragionare come l’utente che ti cerca, tentando di intuire le parole che cercherà su Google. Una logica che se da un lato favorisce la chiarezza dall’altro ammazza la fantasia. Con Officina Narrativa accade la stessa cosa. Quando ho aperto il blog, il sottotitolo era “traduzioni sul crinale della decadenza”, facendo riferimento allo scopo del blog che era ed è, quello di “tradurre” le notizie per renderle comprensibili a chiunque, meglio ancora, di declinarle al luogo, al tempo e alle persone a cui mi rivolgo. Quello che è accaduto, all’epoca digiuno di SEO e SEM, è stato che Officina è stata associata ai servizi di traduzione.

Ok, colpa mia.

Però la riflessione è spontanea: i motori di ricerca quanto contribuiscono all’appiattimento linguistico e conseguentemente semantico? Quanto la ricerca per essere i primi nelle SERP ci induce a rinunciare a sfumature e figure retoriche, preferendo il grassetto alle subordinate? (un argomento talmente spinoso da meritare di essere trattato con calma in seguito).

La seconda riflessione è politica: i domini, nomen omen. La libertà di acquistare il dominio torte.it mette automaticamente in una posizione migliore coloro che ce l’hanno, regalando quasi un pezzetto stesso del concetto. Nomen omen: chi ha più diritto di possedere il nome torte.it? Chi arriva prima o chi ha più disponibilità economica?