I ragazzi dell’82

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Oggi è il mio compleanno e passo dai venti ai trenta così, in un soffio. Sembra ieri quando giocavamo a pallone nella piazzetta o durante le serate moleste rischiavamo di spaccare i locali, i giorni con la “guerra in testa“, o i tempi dell’università. In un vortice di ottusa nostalgia non si può non scrivere nulla, soprattutto se scrivere è diventato una specie di mestiere.

E proprio per questo mi faccio questo regalo, oggi, che dico addio ai venti ed entro con tutti e due i piedi nei trenta e lo dedico a tutti quelli che come me sono nati nell’82, l’anno in cui la Nazionale ha vinto i Mondiali, noi che siamo diventati maggiorenni l’anno della morte del Secondo Millennio, scrivo un pezzo su di me, e un po’ su di voi che leggete.

Ho sempre pensato di appartenere ad una generazione di avanguardia, o una generazione – laboratorio, per dirla tutta. Quando arrivammo ad iscriverci alle elementari istituirono i “tre maestri”, alle media avevamo i voti A B C D E, alle superiori gli esami del 60 su 60 fu definitivamente sostituito da quello della terza prova. All’università era stata introdotta obbligatoriamente la riforma del 3+2.

Ora che dobbiamo giocare a fare i grandi, non esiste più un sistema capace di accoglierci, c’è la crisi e forse dobbiamo pure chiedere scusa all’Europa se siamo nati.

Insomma, ogni cosa che ci apprestavamo a fare non aveva la possibilità di essere paragonata a quella fatta dai nostri fratelli maggiori (per chi ce l’ha). Dovevamo fare tutto da soli, sperimentare, avanzare con in mano nemmeno un machete nella giungla della vita.

Ora siamo qui, a trent’anni, nel mezzo del cammino, senza la possibilità di guardarci indietro, in un mondo che si sgretola ogni giorno che passa, senza punti di riferimento, senza regole, forse senza prospettive, non troppo pronti a diventare adulti, e un poco stanchi di essere considerati giovani, nuotando a pelo d’acqua, scansando le rocce.

Cosa ci rimane?

Ci rimane Bim Bum Bam e Uan (sì, perchè pensare che quel coso rosa si scrivesse One, proprio non mi andava giù), ci rimane Holly e Benji, ci rimangono le serie televisive tipo Hazzard le mattine d’estate e i Cavalieri dello Zodiaco la prima serie che è quella più bella. Ci rimane la stagione con gli scooter, e tutte le mode che non siamo riusciti a seguire, ma che comunque ci hanno segnato e noi non lo sappiamo.

Così, in questa stagione di cambiamenti, in cui saluto con affetto questa esperienza e inizio con tutto l’impegno e la passione possibile quest’altra, volevo lasciare questo post qui, in questo blog che ho sempre maltrattato, ma che spesso mi dato rifugio.

Tanti auguri a me, che volevo fare l’inventore, e quindi l’esploratore, poi l’antropologo e infine il giornalista, e invece mi trovo a camminare in bilico tra due ere diverse, schifato dal passato, spaventato dal futuro, ma sempre, fottutamente, con lo sguardo verso il cielo e i piedi sporchi di fango.